Il pubblico in Sala |
Da
questa Caserma partirono gli Artiglieri delle biografie raccolte nel libro:
103, la maggior parte delle quali raccolte nella Provincia di Firenze, venuta
alla mia conoscenza con il sistema del passavoce.
La mancanza di documentazione circa gli Artiglieri del 19° e degli altri
soldati imbarcati di cui non sappiamo i
nomi, salvo quelli caduti e dispersi nel disastro , ha reso molto difficoltosa
la ricerca.
I
nostri Artiglieri partirono nei primi giorni del giugno 1940, fra il 3 ed il
24, dalla Stazione di Campo di Marte, sui cui prati della zona - sul Campo di Marte, appunto - avevano
chissà quante volte fatto esercitazione di piazzamento, di caricamento, di
puntatura, con porgitori e caricatori pronti a scattare al comando del
capopezzo che ne rispondeva al Comandante della Sezione.
In
genere partirono di notte come Mario Geppi ci racconta: scrisse a casa una
cartolina praticamente al buio, seduto sulle scalette di quella stazioncina
periferica, in attesa del treno che sarebbe partito alle 1,30 (pag. 194). Il
viaggio durava fino a 25 ore sul percorso Firenze, Roma, Caserta, Bari
(Palazzeschi, pag, 285. I nostri arrivavano ‘..
mezzi stolti..’. Il poemetto di
Ivo Grassi ci dice anche che viaggiavano appoggiati ‘ ..a groppa a groppa’ (pag. 483, 3° ottava).
Talvolta,
per chi non viaggiava inquadrato in un Reparto, c’era anche il tempo di
conoscere la città di Bari, il porto e, chissà, forse anche le ragazze (diario
Tanzini, pag. 529). Ci fu anche chi arrivò alcuni giorni prima di quel fatidico
27: Piero Lombardi, stanco di dormire per terra in una camerata dell’Ospedale
Militare di Bari, racconta di un curioso episodio che gli accadde in un albergo
(pag. 220).
Ma
il 27 giugno alla fine arrivò anche l’ordine di imbarco che avvenne nel
pomeriggio: Carlo Tanzini ci dice che si presentò alle ore 16. Umberto Fantoni
disse che li facevano salire ‘…uno a
destra, l’altro a sinistra, forse per equilibrare il carico (pag.174). I
soldati furono fatti scendere nelle 2 stive e sistemare nelle brande allestite
in fretta e furia: la nave era adibita ad altri servizi, quali ad esempio la
rotta Fiume – Valencia e ritorno. La ‘Paganini’ era infatti una nave da carico
con 59 posti letto, distribuiti in varie cabine. Per alloggiare 920 soldati
nelle 2 stive fu fatto un allestimento particolare che terminò il 26 giugno.
Alcuni notarono una certa carenza di lance di salvataggio: Cenni e Pesci nei
loro diari. Quest’ultimo, durante il suo quarto di guardia ne contò 6,
legate
strettamente con molto cordame (pag. 552), su ognuna delle quali potevano –
stando alle istruzioni scritte sulla loro copertura – 30 soldati: dunque se ne
potevano salvare soltanto 180.
Ambedue
avevano notato, adombrandosi alquanto, un certo via-vai di borghesi che
salivano e scendevano, apparentemente
incontrollati dalla banchina alla nave.
Non
era permesso sostare sul ponte, tantomeno dormirci, ma Edoardo Bonechi ed un
compagno ci dormirono (pag. 537) per evitare l’affollamento e i miasmi delle
stive, aspirando dalla brezza notturna
la salutare salsedine.
Del
resto sul ponte vi era molto materiale che lo ingombrava: cordame e tavole di
legno, forse da impiegare per la costruzione di baracche in Albania. La notte
passò fra mal di mare e sogni, fra il timore di quella ‘….massa scura che di si muove anche di notte e non si ferma mai’
(Bruno Lauzi: Genova per noi).
Quelle
tavole di legno si rivelarono salvifiche per la gran massa dei naufraghi (Piero
Lombardi: lettera a Irma, pag. 225). La maggior parte di loro ha raccontato che
la salvezza la dovevano alle assi/tavole/legni che galleggiavano intorno alla
nave ( Toti Bruno, pag. 359)
Poi
l’esplosione: a Raffaele Nafissi si fermò l’orologio alle ore 6,10; a Silvio
Pesci alle ore 6,14 (pag. 486); Carlo Tanzini, nel suo diario afferma che lo
scoppio avvenne alle 6,10 precise!
Edoardo Bonechi scrisse che lo scoppio avvenne alle ore 6,15 esatte (pag. 539).
Da
quel momento accadde di tutto e di più: il terrore si impadronì della maggior
parte dei soldati che reagirono in varia maniera; chi si gettò in mare, chi
scivolò in acqua, chi si fece convincere incoraggiato da un amico (Dante
Andreoni pag. 252), chi da un amico fu spinto in acqua (Giulio Picchi, pag.
307). Altri, non riuscendo a vincere il terrore, dal quale furono sopraffatti,
si uccisero come hanno raccontato Ugo Sottili
a pag. 342 e Carlo Tanzini a pag. 530.
Ci
sarebbe da accennare a molti episodi per rendere soltanto una parziale
illustrazione delle storie raccolte nel libro. La Parte Quarta, quella documentaria,
è molto interessante: sono raccolti una quantità consistente di documenti,
tanto originali quanto preziosi dal punto di vista storiografico: diari e memoriali, lettere e cartoline,
appunti e oggettistica, fino a quel poemetto
che sintetizza in ottava rima le
giornate dal 3 al 28 giugno.
La
presentazione si è svolta il 20 giugno a Firenze animata da alcune letture scelte fra i documenti pubblicati e affidate a 7 amici, fra i quali il M° Patrizio Burgassi autore del dipinto riprodotto sulla copertina del volume. Il
vice-direttore e tenore solista del Coro ‘La Martinella’ del C.A.I.di Firenze
ha cantato, da par suo, 4 ottave del poemetto
rammentato.
Le
dotte ed esaustive presentazioni sono state curate e svolte da due fra i
massimi esperti e studiosi di Storia militare: il Presidente Nazionale dell’A.N.Art.I,
Gen. Rocco Viglietta e il Col. a. (ter) s. SM. Antonino Zarcone, vice-Direttore
Capo del Dipartimento di Sociologia Militare presso il Centro Militare di Studi
Strategici, già Capo dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito.
Il
Presidente Viglietta ha sottolineato il valore della ricerca e della pubblicazione in
particolare dal punto di vista dello Statuto della Associazione, che invita e
quasi obbliga alla ricerca dei legami fra la Storia e la vita associata degli
Artiglieri ed i legami con la cultura delle tradizioni artiglieresche da esaltare
e diffondere. Ambedue hanno inoltre sottolineato il valore della ricerca
pubblicata che parla di Artiglieri, di uomini che hanno sopportato il naufragio
con estrema dignità e dopo gli anni di guerra, alcuni sbarcati in Albania per
la seconda volta.
I
due Relatori, ed in particolare il Col. Zarcone, hanno sottolineato come in questa
pubblicazione si parli di Storia e delle storie di uomini, nell’ambito di una
vicenda, il naufragio, che ce li ha
presentati con nome e cognome, dei quali siamo venuti a conoscere il loro
ambito sociale, economico e culturale, anche e soprattutto attraverso i documenti
e le foto, alcuni di eccezionale valore documentario e storico, che le loro
famiglie hanno messo con generosità a disposizione.
Una
bellissima giornata passata all’insegna della Storia, della Memoria, dell’Arma di Artiglieria,
dell’Associazione e della Cultura.
Francoeffe