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martedì 29 luglio 2014

Tiziano Terzani: ho avuto il privilegio di conoscerlo.

Io l'ho conosciuto così'. (foto di Vincenzo Cattinelli, da: La fine é il mio inizio, Longanesi, Milano 2006)
Credo fosse il 1997 ed un mio amico, Simone Fagioli un Antropologo pistoiese con la passione per le Ricerche impossibili, mi parlò di un suo progetto. In quel momento aveva avuto in affido per studiarlo, un Archivio privato, quello di un carbonaio dell' Orsigna che industriandosi, aveva realizzato una qualche fortuna trasportando il carbone, suo e di altri carbonai, utilizzando il treno e commercializzandolo a Pistoia e Firenze..
Il Fagioli lavorava in uno Studio che realizzava grafica: era un 'graphic designer' e devo dire con qualche vena molto originale nelle scelte stilistiche, ognuna di esse adatta alla committenza..
In estate viveva praticamente a Pontepetri, un fresco paese lungostrada oltre il bivio per S. Marcello e l'Abetone, sulla SS. 632 che da Pistoia porta a Porretta. Simone frequentava la Cooperativa che si interessava e operava per il rilancio della coltivazione e commercializzazione delle castagne della montagna pistoiese. La Cooperativa si era interessata anche del recupero funzionale ed estetico di ben 3 mulini e alcuni metati nei dintorni di Orsigna, utilizzando intelligentemente fondi europei destinati alla salvaguardia della montagna. Uno di questi mulini, bellissimo,  perfettamente funzionante come fu dimostrato in altra occasione che non questa di cui dico.
Il progetto del Fagioli, in collaborazione con la Cooperativa era quello di organizzare un Convegno, forse il primo in assoluto, sui carbonai, evidenziandone operosità, sacrifici e cultura. L' Orsigna era il  luogo ideale per questa iniziativa. I dintorni del paese, fitti di carbonai fin dai tempi antichi, non mostravano nessun disboscamento che non fosse regolarizzato; nessuna 'piaggia' nei boschi a perdita d'occhio. Dunque in definitiva quegli operatori si occupavano anche della manutenzione dei monti boscosi.
Il progetto mi piacque tanto che presi parte all'intera giornata dei lavori. Successivamente fornii anche la foto per la copertina degli Atti del Convegno
Dopo il pranzo, ospiti di alcuni sponsors, eravamo tutti  invitati per un caffé a casa di Tiziano Terzani che non conoscevo. Per arrivarci si seguiva una strada fuori dal paese che si inerpicava sulla montagna. Poco spazio per parcheggiare le auto ma che vista da lass!!. Il meglio che più  non si può. Dalla sua casa.si vedeva d'infilata tutta la vale dell'Orsigna fino a non so dove. Entrando avevo notato alcune piante a terra di Ortensia, un fiore che mi piace in manera particolare. Quelle poi! Mazze nuove  non più piccole del mio pollice, fresche e ben fiorite di quel rosa intenso che a me piace.
Tutta la sua casa era aperta, studio, biblioteca, sale e camere da letto. La sua era in una dependance con cuscini e tappeti, tende e libri in ogni angolo. 'Venite, entrate come a casa vostra', era come al solito seduto a gambe incrociate. Si era ritirato un momento per raggiungerci subito dopo. ,nelle sale per il caffè a cui seguirono digestivi e altri distillati. Nella mattinata aveva già fatto, da par suo, il suo intervento al Convegno, dunque do uscimmo per la ripresa dei lavori era sul cancelletto fatto con pali di castagno a salutare tutti gli ospiti. Quando fu il mio turno salutandolo  gli dissi: 'Maestro, la prossima volta che verrò all'Orsigna passerò a chiederle alcune mazze delle sue Ortensie'. 'Quando tornerai all'Orsigna vieni pure a prenderle, la mia casa non é mai chiusa'. Poi ho saputo che era verissimo; non chiudeva mai la sua casa e non ha mai rammaricato la sparizione di alcunché.
Poi nel tempo l'ho incontrato di nuovo, ancora all'Orsigna: un posto magico e ospitale illuminato da questa originale e forte presenza. Il nuovo ncontro lo racconterò la prossima volta.

La foto della copertina degli Atti
Francoeffe

mercoledì 23 luglio 2014

Assisi


Una Sala Congressi vista da una
cabina per traduttori
Era stato un successo aver conquistato la fiducia di così importanti medici. Naturalmente la maggior responsabilità, favorendomi nella presentazione, se l’era presa il mio amico : lui mi conosceva, avevamo fatto molte cose insieme, dalle Feste de l’Unità alle gare podistiche, al coordinamento di una Commissione Consiliare di Bagno a Ripoli. Il lavoro che mi aveva affidato a Pozzolatico, un po’ per levarselo di torno, un po’ per offrirmi  l‘opportunità di una nuova esperienza, capace di attrarre i figli per continuarla dopo l’ avvio, era delicato come tutti i lavori, ma giocavamo in ambiente protetto e comunque si trattava di un solo giorno di Convegno. Proprio da quello scaturì la commessa per  quello da farsi ad Assisi.
Questo si prospettava come un lavoro impegnativo e duro.
Si trattava di un Convegno di livello Internazionale, con 2 Presidenti – uno dagli USA e uno dall’URSS- e con Ospiti da varie Nazioni. Nel Pool organizzativo che si andava formando era prevista anche la presenza del “Centro Internazionale per la Pace” di Assisi , sotto i cui auspici il Congresso si sarebbe svolto.
Si trattava proprio del Centro di quei tre francescani di Assisi che viaggiavano fra gli Stati del Mondo incontrando i loro Capi di Sato  e di Governo, a perorare la Pace.
Misero a disposizione dell’organizzazione il Logo del Comitato : scusate se è poco.
Offrirono anche la Sede : la Sala Gotica nel Sacro Convento di Assisi. Si impegnarono molto anche per rimuovere gli ostacoli e  convincere il Cremlino a favorire  la presenza del co-Presidente russo, un cardiologo di Mosca (l’altro veniva da Boston). Molti dei congressisti ne conoscevano il lavoro ma quasi nessuno lo aveva incontrato : all’epoca era difficile uscire dall’URSS. Alla fine lo sforzo dei frati fu premiato a vantaggio del Congresso, ma  sopportarono in quei giorni  una neanche discreta presenza di Servizi Segreti di vari Paesi.  
La Segreteria fu posta in una sala del Convento, grande e luminosa. Il personale necessario per la Reception e la Sala fu attinto dai contatti dell’Agenzia. Tutti si dimostrarono all’altezza e oltre.
Per l’occasione fu messo in piedi un meccanismo innovativo per le comunicazioni fra la Segreteria e il tavolo della Presidenza : due computer in linea evitarono il via vai in Sala delle Hostess che potevano distrarre l’attenzione dei Congressisti. Fra le chicche che furono messe in essere la migliore fu sicuramente il Concerto in Basilica Superiore con  “I Cantori di Assisi”, che dopo aver cantato fin’anche alcuni Spirituals, accompagnati dal ritmo delle mani dei presenti, terminarono il programma con il celebre Alleluja da ‘Il Messia’ di G.F. Haendel : un trionfo
Ai congressisti era stata offerta la Cena di Gala nel più importante, raffinato  e caratteristico Ristorante di Assisi. La qualità del menù scelto e del servizio si dimostrarono all’altezza e importanza della serata e degli Ospiti, che terminò con il Concerto in Basilica.
Il successo del Congresso, determinato anche dalle perfette traduzioni in simultanea, si concretizzò nella commessa di un nuovo lavoro, anch’esso internazionale, sul tema della ‘Cronobiologia’ che si sarebbe svolto a Firenze l’anno successivo.
L’ incontro più importante ad Assisi, condiviso con tutta la Segreteria, fu quello con il Custode del Sacro Convento : Padre Vincenzo Coli. Lo incontrammo molte volte. Veniva a trovarci in Segreteria e chiacchieravamo del più e del meno. Lui  vi incontrava  un ateo, un agnostico, uno di religione greco-ortodossa oltre alle tre ragazze assisane che suppongo cattoliche, forse  praticanti. Nessuno si sentì pressato da quella presenza.
Per anni lo abbiamo ricordato come una figura intelligente e discreta, gentile e premurosa.
Nel tempo l’ho incontrato molte volte a Firenze, dove veniva a cambiare aria  in occasione delle Feste natalizie. Le  trascorreva  aiutando i conventuali della Basilica fiorentina di S. Croce nelle confessioni e funzioni.
Dopo il periodo trascorso a Firenze dove l'ho ancora incontrato adesso  é a San Miniato Basso dove andrò a trovarlo a breve..

Francoeffe

UN SOGNO


Accadde poco dopo il rientro dall’Ospedale dove ero stato sottoposto ad un piccolo intervento chirurgico, leggero ma fastidioso.
Poco tempo dopo quell’anestesia totale cominciai a sognare spesso e di tutto : vicende non completamente immaginarie dove i miei cugini, ai quali sono molto legato, erano spesso fra gli attori principali, come in quella festa della rificolona in via Datini, a cui partecipai con  Neri e altri 3 suoi amichetti e in altre storie curiose e complicate.  
Quando mi resi conto che i sogni continuavano cominciai a scriverli in un grande quaderno, giusto per non dimenticarli tanto erano a volte, strampalati e a volte impossibili : i sogni si sa, sono unici.
Questo che mi appresto a scrivere è certamente fra i più curiosi.
“Ero ad una battuta di caccia con un vecchio amico con il quale avevo avuto, un po’ di tempo indietro, un forte dissidio, uno di quelli che dopo giureresti che non avresti mai più riallacciato gli antichi rapporti. In tante occasioni avevamo collaborato a molte attività sociali : praticamente eravamo fra le colonne portanti di certi momenti organizzativi. Un bel giorno però qualcosa si ruppe e…
Dunque il sogno!
Eravamo a quella battuta di caccia : era caccia grossa. In quel momento attraversavamo un bosco dove c’era stato un grosso incendio. Ci eravamo distanziati dal resto del gruppo e nella zona in cui ci trovavamo fumavano ancora i tronchi delle piante che sporgevano dal terreno di un buon metro. Il terreno era completamente coperto di cenere : ci muovevamo su un tappeto grigio e spesso.
Ad un tratto, davanti a noi, apparve un leone che si avvicinava alla nostra volta. Fortunatamente a circa 20 metri c’era una capanna alta sul suolo sorretta da palafitte, con una scaletta che con una breve rampa portava alla porta d’ingresso. La capanna pareva solida e comunque era l’unico rifugio possibile in quello che prima era stato un folto bosco.  Ci mettemmo a correre nella sua direzione. La posizione più favorevole del mio amico rispetto alla capanna, gli permise di imboccare la scaletta d’accesso per primo. Il tempo di entrare e di chiudersi la porta fu tutt’uno : mi chiuse fuori! Il leone, che aveva visto la nostra mossa, si volse verso la capanna ed era già alla base della scaletta quando la porta si riaprì a seguito dei  miei strepiti e imprecazioni.
Non appena dentro caddi sul pavimento stremato dallo shock e dalla paura, giusto dietro la porta che il leone intanto stava tentando di aprire, raspandone violentemente la base, facendo un suono simile a “ pfruum, pfruum”. Mentre  tentavo di mantenere la porta chiusa mi accorgevo con terrore che la base cedeva sotto i colpi e il raspìo : il leone ce la metteva tutta per entrare.
Non restava che svegliarmi. Da sempre ho fatto così : quando i sogni prendevano un piega che non mi piaceva oppure di pericolo, decidevo di svegliarmi. Il bello è che, a volte, mi riaddormentavo riprendendo il sogno dove l’avevo lasciato. Va da se che se c’era ancora la stessa difficoltà mi svegliavo di nuovo e così via, finchè  non mi fossi trovato in una fase soddisfacente del sogno.
Anche quella volta decisi di svegliarmi : il suono del raspio e l’imminente pericolo lo richiedevano! Solo che quel… rumore continuava anche adesso che ero sveglio.
Per forza : era il suono del ronfìo di Grazia che mi dormiva a fianco!”

Francoeffe