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martedì 12 febbraio 2013

I 2 GUARDIANI


Veduta di Firenze dal Poggio dell'Incontro
A me fa quest’effetto : ogni volta che rientro da una gita anche se breve, o da una visita a Vaglia (ancora meglio : in questo caso ho incontrato Mirko), non  una volta che non cerchi all’orizzonte le silouette dei colli di Montepilli e dell’Incontro.  Da Vaglia, scendendo la via bolognese, oppure dai ponti sull’Arno  (rientrando in direzione di casa) a sinistra; dalla via Chiantigiana, rientrando da una gita in quelle magnifiche terre, sulla destra.
Il bello è che lo dico e li mostro anche a chi è con me in auto. Se sono parenti o amici riconoscono (anche se non sempre) quel che indico. Qualcuno struffia per le tante volte ascoltate.
Una cartolina del 1915 :  la Chiesa del Convento con la
Cupola  andata distrutta durante la 2a Guerra Mondiale. 
Ad altri devo spiegare che abito sulle pendici di Montepilli, : si, è proprio quella collina con la cima coronata da cipressi e racconto che un tempo, secondo un poemetto di Michelangelo Buonarroti il Giovane, il colle era un pastore, Mompillo, ma che dopo aver scacciato l’amante, la ninfa Antilla che muore di dolore, viene trasformato in questo cumulo di rocce (1).
Che tuttavia quella coroncina di cipressi mi tranquillizza confermandomi che sono sulla strada di casa, nella direzione giusta. L’altra cima è  quella con la vetta più arrotondata : a guardar bene si intravedono le antenne. E’ un gran peccato che da tutte le direzione e distanze non si possa vedere la cupola del Convento Francescano. A me soddisfa molto riconoscere da ogni punto quelle 2 colline : sono quelle rassicuranti di casa.
Sono quelle su cui nasce l’olio più buono del mondo, che alla spremitura misura una bassissima acidità : nasce extravergine da subito e da sempre.
Mi piace pensare che un tempo questa zona era protetta da questi due colli ‘guardinghi’, uno dei quali Montepilli e che in cima ci sia stato un castello che insieme a quello di fronte, sul colle di Montisoni, presidiasse la vallata difendendo la città la in fondo dai Ghibellini di  Arezzo.
Spero di non essere il solo a fare questi ragionamenti : mi piace pensare, invece, che a molti interessi non tanto riconoscere, ma riconoscersi in alcuni segni che c’erano prima di noi, che ci seguono nella vita e che ci sopravvivranno. Segni che dimostrano che se anche siamo di passaggio, siamo tuttavia ancorati ad una terra, ad una identità in cui ci riconosciamo.
Ed anche che ci sopravvivrà quella identità,  tanto più e meglio se l’avremo mostrata perchè anche altri la e vi si riconoscano, la mantengano e proteggano.

Francoeffe

(1) M. Casprini - S. Guerrini : ‘Alle sorgenti dell’Isone’, Edizioni C.R.C. Antella, 1996
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