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mercoledì 24 aprile 2013

Ancora un Medico Pittore. 3° post

L'ultimi dei medici che presento, fra quelli che parteciparono alla collettiva loro dedicata è Nicola Jannucci, dermatologo, ancora una volta con la composizione di Alberto Presutti.



Colori,
energetici ed eccitanti
nell'armonia leggera
preziosa e policroma
che il pittore
raggiunge con sforzo
e creatività.
Anse e golfi
mare come costante
come liberazione dall'oppressione
come senso di vita.




 I 1000 colori della primavera - acrilico 20 x 30

a cura di Francoeffe

sabato 20 aprile 2013

Il vinaio di Colle val d'Elsa


Ancora non lavoravo, avevo 13 anni e pensai di passare un po’ di tempo dagli zii a Castelnuovo Val di Cecina. Ero si lontano da casa, ma si trattava di passare un po’ di tempo con gli zii del cuore : il Bibi e la Marcella. Avrei trovato anche le cugine con le quali ero cresciuto e la nonna. Sarebbe stata una pacchia.
Lo zio lavorava come guardafili alla Romaval, una società derivata dalla fusione di 2 Sociertà elettriche : la Romana e la Valdarno, per la gestione delle linee dell’alta tensione.
Una bella casa nuova all’inizio del paese, dove abitavano con le famiglie della squadra. Un caposquadra, un autista e tre operai, chi emiliano, chi aretino, chi locale e chi fiorentino. Diventare il coccolo della squadra e invitato negli altri appartamenti fu cosa di una settimana. Franco qua, Franco la. Oltretutto mi prestavo a far piccole commissioni. Poco dopo tempo entrai, si fa per dire’ a far parte della squadra. Si partiva la mattina con la borsa piena di cose da mangiare (e da bere) e si rientrava a sera. 
Quando non si faceva manutenzione agli ‘stradelli’, i viottoli sotto le linee da 220.000 volts, si percorrevano per controllare che tutto : fili, tralicci, isolatori e gli stradelli stessi fossero a posto.
Col tempo ho percorso tutta la linea affidata a questa squadra : da Colle val d’Elsa a Paganico, attraversando posti meravigliosi, ammirando paesaggi incredibili : dai boschi delle colline pisane alle zone sotto il livello del mare della maremma. L’autista lasciava gli operai in posti stabiliti e li recuperava ad una certa ora in altrettanti luoghi stabiliti.
A certi contadini, molto isolati e distanti dagli abitati, con i quali eravamo d’accordo, portavamo sale e fiammiferi, in cambio di una sosta rinfrescante e di un fiasco di vino. Scambio alla pari!
Fra i posti più belli visitati mi piace ricordare Casole d’Elsa, Montigiano, Montieri, Gerfalco, Paganico, Volterra, Larderello e molti altri. Capitava anche di guadare fiumi e torrenti : Cecina, Pavone ecc…
Quando veniva fatta la manutenzione degli stradelli era l’occasione per rifornirsi di legna. In questi casi si agganciava il carrello alla Campagnola e si rientrava carichi. Di tanto in tanto c’era anche la necessità di rifornirsi di vino : un viaggio col carrello al seguito  soddisfaceva le necessità di tutti. Il fornitore della squadra era a Colle val d’Elsa.. Saprei ritrovare il magazzino ancora adesso. Si arrivava con i panini e il vinaio ci offriva da bere a volontà. Del resto si usciva con almeno 4 damigiane! Dunque un affare per lui.
La gran fortuna della squadra era che l’autista era astemio!!

Francoeffe

Quando la devozione è grande


Il Tabernacolo detto 'del Madonnone'
A Firenze, sulla via Aretina, c’è un grande e bellissimo Tabernacolo del ’400, da non molto tempo restaurato. 
Fu edificato all’inizio di un viottolo che fra i poderi dei frati Vallombrosani, conduceva alla loro Chiesa di S. Salvi (Saint Sauve o Salvy) Vescovo di Amiens nel VII° secolo. La fondazione di questa chiesa pare si debba ad un fatto prodigioso : due pellegrini francesi intendevano portare in  un sacco le reliquie del Santo a Roma. Fermatisi a dormire il luogo chiamato Paratinula, fuori dalle porte di Firenze, sulla via per Roma, al mattino non furono capaci di sollevarlo a causa del suo accresciuto peso. Il segno fu interpretato come la volontà manifesta che le reliquie dovessero restare nei pressi di Firenze. Anche il Vescovo di Fiesole, che accorse, fu d’accordo perché li si edificasse un oratorio dedicato a San Salvi. Sicuramente c’entrava anche l’ammirazione del popolo verso Carlo Magno, dalle cui terre proveniva. Dante, del resto, credeva che dopo la distruzione di Firenze da parte di Attila ‘flagello di Dio’, la città fosse stata ricostruita dall’Imperatore “…dalla grande barba fiorita”. In realtà la città, in stato di profonda decadenza anche per le violente inondazioni cui era sottoposta a causa della mancata regimazione dell’Arno, rifiorì proprio al tempo di Carlo Magno. I proprietari del terreno detto “Paratinula”, Piero di Gherardo e Lando di Teuzzo, nel 1048, ingrandirono l’oratorio, che man mano si trasformò in un monastero, che affidarono ad una comunità di benedettini, grandi lavoratori e capaci di bonificare le terre circostanti su cui lavoravano per ricavarne sostentamento. Fu affidato infatti alla comunità vallombrosana di San Giovanni Gualberto, una regola da non molto tempo fondata.
Ma torniamo al tabernacolo.   
Questa immagine, splendidamente affrescato da Lorenzo di Bicci,  “Madonna in Trono col Bambino con Angeli e Santi”, a ragione della grandezza dell’immagine è chiamata da sempre ‘il Madonnone’. Come la cupola del Duomo è chiamata Cupolone. Non c’è errore di genere fra ‘cupola’, che è femminile e ‘cupolone’ nome accrescitivo maschile. I fiorentini usano anche in altri casi questa ‘confusione’ di generi :  per esempio  i fiorentini definiscono  una donna grande ‘un donnone’.
Firenze è una città devotissima alla Madonna. Oltre al ‘Madonnone’, ci sono  almeno un centinaio di altri Tabernacoli a Lei dedicati. 

Francoeffe

venerdì 19 aprile 2013

Le 'Macchine' del Fagioli


Conobbi Simone quando lavorava come abilissimo esperto di grafica-computer. Con lui composi vari lavori che servivano al 'Pascò' : inviti, reclame, depliants ecc ...
Dopo lo seppi scrittore, sceneggiatore, drammaturgo, antropologo e ricercatore di storia locale, di quella che si dice 'minore', senza la iniziale maiuscola. Adesso lavora e agisce nell'ambito dell'archivistica. Ha iniziato gestendo alcuni archivi privati del pistoiese, primo fra tutti quello di un carbonaio, un personaggio che ben presto si rese conto della potenzialità dei mezzi di trasporto e della razionalizzazione del lavoro.
Sull'argomento dei carbonai organizzò anche un Convegno all'Orsigna, a cui parteciparono eminenti studiosi, che Tiziano Terzani volle incontrare nella sua casa per un caffè.



S. Fagioli 'Macchina' -1997

a cura di Francoeffe

mercoledì 17 aprile 2013

I 'matinè' del collega


Non c’era verso. Non c’era verso di usare il bagno dalle 7,45 alle 8,00 di ogni mattina.
Io, ad esempio, mi alzavo alle 6,30 per andare al lavoro all’Isolotto. Dopo oltre 1 ora dall’alzata dal letto, spesso c’era la necessità di tornare al bagno, a pisciare. Niente!! C’era un collega che come ogni mattina lo occupava in quell’orario cruciale, immediatamente prima dell’entrata al lavoro. Vi entrava col giornale acquistato all’edicola all’angolo e se lo leggeva seduto sulla tazza : chissà! 
A regola la lettura  di quel giornale, ‘La Nazione’, concilia la cacca!! Ed è vero!!
Nonostante il rito quasi giornaliero di lazzi e frizzi al suo indirizzo, il collega non si scomponeva per niente. Ogni mattina al bagno col giornale, dicendo a tutti noi della sua impellente necessità.
Finchè… Un giorno io e il Piccio si pensò ad uno scherzo. Il giorno prima preparammo il necessario : un tubo di gomma lungo abbastanza; un palo per fermare la porta. Il bagno di circa 1,20 X 1,20, non aveva il soffitto ed era accanto ad un ‘altra stanzetta, provvista di lavabo con acqua calda e fredda, che serviva da spogliatoio. Arrivammo presto e preparammo il tubo attaccandolo al rubinetto dell’acqua calda della stanzetta. Prima di indirizzarlo verso il WC, facendolo passare in alto e fermatolo con dei pesi per non farlo scivolare via, facemmo scorrere acqua calda perché all’occorrenza venisse subito in temperatura.
Come al solito il collega ci trovò a fumare nel cortile e chiacchierare delle partite e di altri fatti quotidiani. Col giornale sotto il braccio – non in mano, no – ma piegato e sotto il braccio, entra come al solito nel WC. Un lampo : si blocca la maniglia della porta con il palo predisposto e si apre l’acqua girando velocemente tutto il rubinetto. Il tubo, già indirizzato verso la parete dietro alla tazza, con la spinta della pressione, non gli lasciò scampo  : ‘Buhaioli’, la bruciaaa’. In realtà era solo calda : era si calda bene, ma battendo nel muro gli arrivava addosso a spruzzo, con poca consistenza.
La porta bloccata, poi, fece il resto. Gli dette il senso della trappola, da cui gli  urli : ‘Buhaioliiii…’.
Non cambiò per questo le sue abitudini. Il giorno dopo, però, vi entrò con molta circosezion.
Ma sempre col giornale sotto il braccio.

Francoeffe

Il contributo di un altro amico.


CON UNA ROSA

Non avrei mai immaginato che il lasciarmi scivolare sulle sabbie ardenti del mio deserto potesse provocare una tempesta in un cuore gonfio, come quello che spingeva coi suoi battiti potenti un petto svuotato di un uomo che si sentiva eroe. Quest’uomo era tale, perché sopravvissuto al tentennare dei sentimenti di un popolo intero. Il suo popolo! Che era arrivato ad arginarsi in un virgulto di piccoli villaggi sperduti tra le montagne dell’Atlante. Un suono lontano permetteva di immergersi nel mulinello potente di un vento lontano, trasportatore di una finissima sabbia e di mille profumi di spezie: coriandolo, curcuma, cardamomo e cumino per arrivare fino a quelli delle rose del giardino del re, che si espandevano prepotenti anche dove non c’era nessun segno di vita e di segnali profondi, come in un deserto assolato.
Ciò che mi permetteva di sognare erano proprio le dune che scalmanate, si lasciavano ondulare dalle brezze roventi e giallastre e che facevano immergere il mio corpo in un turbinio di echi lontani.
Il corpo di una ragazza era adagiato, in posizione supina, sul cammello che col suo pennacchio, superstite di grandi feste e libagioni, dava segnali di colore con un giallo dorato, senza pietà della sabbia eterna. Il leggero grugnito del nobile animale trasmetteva solo un dissenso profondo per un’inutile tormenta che nasceva, non solo dalla terra e dal cielo ormai carico di sabbia, ma dal cuore ammalato di uno spirito ribelle e solitario, che fino ad oggi aveva sempre trovato il suo grande trofeo di vittoria nella fantasia assoluta e nel dormire tra foglie verdi e colorate d’immensi alberi di sogni e di tremori intensi che nascevano dalle sue viscere potenti e ancorate saldamente a ogni muscolo e a ogni residuo di anima ispirata.
La schiena dell’uomo era carica di un bagaglio d’immensità e di felice sintesi, tra un umore portato alla gioia e un profondo dolore, utile perché consapevole, che gli faceva da vigile guardiano di una realtà senza spazio né tempo. Il suo sorriso era beffardo ma le sue mani asciugavano volentieri le poche gocce di saliva che usciva da una bocca screpolata e che non voleva più raccontare storie di segreti e di misteri. Il corpo di lei era felicemente incuneato tra le nobili gobbe dell’animale, che si lasciavano massaggiare dal carico di preziosa acqua e di forza immensa. Una resistenza che era simbolo di qualità infinite; un’allegoria d’immagini del senso di esistere e del connubio mai spento tra uomo e animale.
Le labbra della fanciulla erano socchiuse in un sorriso e i suoi occhi si lasciavano ispirare dai colori del cielo; distesa si caricava di milioni di granelli teneri e roventi e il profumo delle sue membra non abbandonava le pieghe delicate del suo corpo dipinto. Non uscivano suoni dalla bocca e non si sentivano per chilometri i racconti e i sospiri dell’uomo, che diligente non perdeva la cognizione dello spazio; non si scordava la strada percorsa e non si lasciava ancora rapire dal dubbio di chi sa da dove arriva e non ancora dove vuole andare.
L’intercedere lento e deciso del cammello era un piacevole assolo di suoni lievi e sordi come quelli dei suoi zoccoli sulla sabbia spessa.
La fanciulla restava adagiata sull’animale mentre dritto con se stesso, l’uomo rimuginava promesse d’amore e comunque eterne; non finivano le lacrime per un passato molto vicino e che purtroppo aveva lasciato spazio solamente a ricordi e pensieri oscuri.
La sua mano inanellata si protese verso il corpo elegante della fanciulla; l’uomo bisbigliò poche parole e una lacrima percorse il suo volto forte. La fanciulla non perse il suo lieve sorriso e i suoi occhi cominciarono stranamente a perdere la luce e un sibilo uscì dalla sua bocca carnosa.
L’uomo si fermò, mentre il disco del sole lo trasformava in un’ombra dorata e ogni ruga del suo corpo, divenne un muscolo attivo e il suo respiro prese un ritmo concitato. La figura di donna sul suo cuscino di fiori, tra il calore del sole e quello dell’animale ansimante, cominciò a cambiare di colore; dal colore candido comparvero piccole gocce di un rosso intenso che presero la forma di grandi petali. Il suo corpo cominciò a sciogliersi al vento, partendo dai suoi piccoli piedi calzati d’oro; ogni cellula e ogni tessuto si trasformarono definitivamente in petali rosso fuoco e nel suo complesso apparve una rosa che si faceva rapire dal vento. Piano piano la fanciulla si disperse completamente nell’aria carica di colore, scomparendo agli occhi ormai non più sorpresi dell’uomo.  Il cavaliere ebbe solo la forza di conservare un’ultima carezza sul volto della fanciulla prima che scomparisse definitivamente il suo sorriso. Le sue mani riuscirono a catturare un’ultima manciata di petali rossi e vellutati e dopo aver esitato per qualche secondo, aprì il proprio palmo regalando al vento l’ultimo soffio di una vita spezzata precocemente.
Il cammello lanciò un suo grugnito e riprese la sua danza lenta tra le sabbie dorate e i sorrisi spenti. Il chiarore del tramonto dette un grande bacio alla poesia di un uomo che aveva perso tutto, ma aveva ricominciato a camminare e a cavalcare un’esistenza, tra le dune e i respiri di tante oasi abbandonate e dimenticate.

Luigi Ciampolini
06 04 2013

a cura di Francoeffe

Passe-partuot


L'uomo in giacca 1965 -  Disegno su cartoncino 16x21
Dopo finito di mangiare di solito uscivo a prendere un po' d'aria. Nel tegamino la mamma mi metteva di tutto : pasta asciutta, di sotto, nella parte più grande; in quella più piccola di sopra capitava che spesso trovavo la rimanenza dalla cena della sera prima.
Quando uscivi salivo le ‘rampe’ e mi perdevo a guardare il panorama dal Piazzale Michelangelo : il Duomo, Palazzo Vecchio, la Badia, Santa Croce mi erano familiari. Seguendo il verde dei viali di circonvallazione, mi immaginavo il cerchio delle mura di Arnolfo. Altre  volte e a seconda della stagione,  mi mettevo a prendere il sole sugli scalini della torre : l’ antica Porta San Niccolo’, proprio di fronte alla vasca dove la mamma raccontava che per riprendere una barchetta, lo zio Gigi ci cascò dentro. Pari, pari!! Altre volte restavo a leggere i romanzi gialli della serie di Mondadori : Rex Stout, Aghata Christie, ecc… Il principale però me lo diceva sempre : “..Non perder tempo a leggere i gialli. Impegnati a studiare, magari una lingua. In codesto modo sciupi il tuo tempo e non impari gran chè!” A quel tempo mi pareva di aver studiato anche troppo : nel 1952 avevo chiuso la carriera scolastica con la licenza Elementare!!
Quel giorno ero rimasto a leggere. Toc, Toc. Apro la porta ed un signore, dall’aria timida e incerta, mi dice di aver bisogno di una 50ina di passe-partuot : alle 16 inaugurava una mostra di xilografie a Santa Croce. Il principale a cui spettava decidere se e a che titolo fare questo sia pur piccolo lavoro, era già passato. Non si sarebbe rivisto che dopo le 17. Alle 16 c’era questa mostra : i tempi non coincidevano. Non avevo idea del valore del lavoretto, ma decido che anche se fatti gratuitamente, la ditta non sarebbe andata in rovina, per 50 pezzi della misura di 17 X 25 ca. Dopo avere spiegato questo al signore, che intanto sarebbe andato nella trattoria li vicino a ’..mangiare qualcosina..’, lo  invito a ripassare verso le 14,30. Li avrei fatti sacrificando il mio tempo di pausa.
Monto la fustella, taglio il cartone e li faccio. Alle 14,30 eccolo a prenderli. Aveva per le mani un foglietto della stessa misura dei passe-partuot. “Non so come ringraziare. Addirittura gratis, poi. Se mi permette, vorrei darle questo disegnino che ho fatto per lei”. Mi porge il cartoncino : un uomo a mezzo busto in giacca. Disegnato con una ‘biro’ a 4 colori, con il bavero ombreggiato con il vino rosso, quello della tavola. E firmato : Silvio Loffredo.

Francoeffe

martedì 16 aprile 2013

Al M° Paolo Lantieri

"Prime ombre" olio su tela 100 x 100

a cura di Francoeffe
Mi piace ricordare la mostra del M° Lantieri, non fosse altro che per la vivacità dei suoi lavori, che resero ancor più brillante il 'Pascò' nei giorni dell'esposizione.
Paolo Lantieri, nato a Messina, vive e lavora a Firenze. Dipinge da sempre ed espone dal 1960. Numerose le rassegne su invito e le mostre personali sia in Italia che all'estero, fra le ultime fuori dai confini : Casa Italia/Olimpiadi di Pechino nel 2008; XXI Giochi Olimpici Invernali a Vancouver; International Art Exchange Exibition di Shangai nel 2011. I suoli lavoro sono presenti in molte collezioni pubbliche e private.

Roberto T. : un poeta

Ho alcuni amici che ogni tanto mi mandano loro contributi.
Intanto questa poesia di Roberto. Probabile che non sarà l'unica.

SE FOSSI DIO

se avessi per un attimo
il dono di essere come dio
forse inciamperei come uomo
nella retorica dell'io
perchè tanti si dimenticano
che come dio
è ben lontana la parola IO
vuoi che sia
semplice distrofia
io....dio...
semplice dimenticanza
della alfabetica
una semplice consonanza
forse sarà un'etica
io...dio..dio...io
poetica espressione
d'io.............................
poi omessa per  pratica virtù....
l'uomo spesso si perde
di fronte a poco
senza accorgersi
che tra una consonante in più
o in meno di due stupide vocali
la differenza è.......
l'universo intero
o ..
un pugno di polvere che poi
il prossimo manco si ricorderà.
amore ed avidità
l'infinito ed il nulla.....

Roberto Tramonti, 2012

a cura di Francoeffe

sabato 6 aprile 2013

IN RICORDO DI UN AMICO

Ottobrata 1976 - Conferenza sul tema : il culo nei film di B. Bertolucci' .

Sarà il destino di tutti : alla fine basterà farci mente locale. L’evento prima o poi capiterà, non c’è scampo. Sapere che è accaduto ad un amico ferisce sempre :immancabilmente. Resta il rimpianto di non averlo frequentato quanto avrebbe meritato o quanto avremmo voluto.  Può anche capitare di riflettere quanto la sua perdita ci mancherà e, da egoisti, di quanta sua brillante ed intelligente conversazione ci dovremo privare. Verranno alla mente decine di episodi e circostanze fino ad ora in un canto della memoria, che però adesso tiriamo fuori perché non solo affiorano ma balzano prepotenti alla mente.
Lo conobbi nel 1975, nel corso della campagna elettorale : si rinnovava il Consiglio Comunale in cui entrammo entrambi. Mi capitò anche di fare insieme un ‘Assemblea, al Bigallo. All’epoca si andava ad incontrare la gente, anche poca per volta, come in quel caso. A differenza di adesso che i propositi li lasciano intuire o, peggio, interpretare.
Una volta, era la fine di luglio e a S. Casciano ci sarebbe stata l’ultima Assemblea dell’ ex USL 10/h prima delle vacanze. L’aspettavamo, Rossano ed io, per le 20.45. Neppure un minuto di ritardo e partimmo con la sua auto : si faceva a girare e per turno il passaggio toccava a lui. Si presentò all’appuntamento con una curiosa camicia a quadri bianchi e rossi, della misura di circa 3 cm di lato. All’osservazione di quanto  fosse eccentrica, questa fu la sua risposta, testuale :” Voi sapete bene come io ami la Garfagnana e come le mie donne litighino ogni giorno e momento. Io per non intromettermi vado a fare ampie girate,….” Il racconto proseguiva così : era uscito di buon ora; si sarebbe recato a casa Pascoli avendo saputo (era un fautore del ‘gerundio’ per cui voleva fondare con Gigi Remaschi, un’Associazione che lo salvasse, lo valorizzasse e ne rilanciasse l’uso) di certi manoscritti apocrifi che voleva vedere; la sala di consultazione – così pare dicesse il custode - era impegnata da uno studioso tedesco e non volle disturbarlo; proseguì la gita godendone i panorami e all’ora giusta per pranzare, immaginò che avrebbe trovato una segnalazione del tipo ‘omino con tovagliolo in braccio e dito indicatore con la scritta ‘Trattoria’; immaginò un bersò con abbondanti piante rampicanti sotto al quale consumare, al suo fresco, il pranzo; dopo poche curve ecco il segnale, ecco il bersò, i tavoli apparecchiati ricoperti da una tovaglia come questa. “Ne ho comprate due e mi sono fatto cucire la camicia!”.  Parlò ininterrottamente per 20 minuti, il tempo per arrivare al parcheggio di S. Casciano, quello vicino al Comune dove si teneva l'Assemblea.
Quando quella volta lo incontrammo con sotto al braccio una borsa assai curiosa, la gomitata sferrata nel fianco di un altro amico che voleva chiedergli dove l’avesse trovata, lo fece desistere immediatamente.
Aveva sempre con se una borsetta, che in realtà era un ‘necessaire’ per il suo vizio più grande che praticava con grande soddisfazione : il fumo. Dentro ci teneva tutto l’occorrente per soddisfarlo : almeno 2 tipi di sigarette, quando non anche un pacchetto di sigarini e la borsetta di tabacco : Velvet era uno dei suoi preferiti; almeno un bocchino e 1 o 2 pipe, alcune molto belle e pregiate, alcune anche di ‘caolino’ : credo ne avesse una collezione. Scovoli, accendini e fiammiferi non mancavano mai.
Era interessante e anche bello vederlo mentre si accomodava la pipa e osservarlo nella cerimonia dell’accensione. Nessuno dei suoi gesti era affrettato o scontato. Così come è sempre stato un piacere  ascoltarlo : era capace di intavolare o intrattenere qualunque conversazione. Da colto bibliofilo e raffinato linguista qual’era conosceva la maggior parte dello scibile umano, Se per esempio dicevi nave,  ti parlava dei maggiori naufragi della storia. Era un grande intrattenitore di classe e fine parlatore. Credo sia rimasto famoso quel pomeriggio in cui apparve in casa di amici a Monte Pilli sotto una tempesta di neve. Avevano ospiti con i quali avevano appena finito di pranzare. Lo invitarono a scaldarsi e prendere il caffè con tutti loro, intorno al fuoco acceso nel grande camino della sala. Non fecero in tempo a fare un complimento al suo bellissimo Collie che aveva portato seco in quell’escursione, che li intrattenne fino all’ora di cena, parlando loro del suo rapporto psicologico col suo cane.
E quella volta che nel corso di una riunione convocata per trovare come trovare una soluzione per ingaggiare un importante Direttore Sanitario per la nascente USL 10/h, sentendosi nominato in quanto conoscente di un importante Sanitario a cui, come si faceva alla maniera antica per i Fattori, sarebbe stato necessario offrire ‘villa e podere’. Parlava di altro con altri e le parole che gli risuonarono all’orecchio furono il suo “nome” e “villa”. Lui se ne uscì con queste parole :” Voi tutti sapete come io ami le ville, ma che c’entro io con il Sanitario?”.
Ed ancora, quella volta che avviluppato nel suo ampio mantello a ruota fermato al bavero da una catenella in bocca a 2 teste di leone, si presentò al campo nomadi impiantato poco distante dalla sua casa, e pretese – riuscendoci – di insegnare alle zingare come far girare sopra la scodella con acqua e olio, il ‘pendolino’ che aveva con se.
Questo era Stelio Giannini, ‘lo Stelio’! Indimenticabile per cultura, simpatia, intelligenza e profondità di ragionamenti e giudizi. Lo rimpiangeremo in molti.

Francoeffe

foto da : M. Benelli, P. Camiciottoli, A. Cini, F. Fantechi, M. Turchi : 'Appunti sulla Casa del Popolo di Osteria Nuova' , Lito Isolotto - Firenze 1983.