Non ricordo tutti gli abitanti del n° 58 già 32, di via Scialoia, dove abitavo con gli zii e i nonni.
Allo stesso piano, il 1°, abitavano i sigg. Mendico, anzi pareva che ci stesse solo lui, il Cav. Mendico, tanto che non si rammentavano altri. Gli invidiavo il terrazzo sulla strada, non certo la governante/tuttofare che abitava con lui e la moglie : la Ernesta.
Nell nostra stessa colonna, oltre a noi al 1° piano, al 2° c'erano i Chiari: lui, un vinaio, gestiva un negozio non so docve; lei, una donna modesta, dai modi semplici e calmi, pareva si spostasse nell'aria con il timore di sciuparne l'assetto; la figlia, la bellissima Cosetta, usciva sempre in compagnia del cane : Nai, forse in ricordo degli amici tedeschi che frequentava nel loro Circolo, che durante l'occupazione era stato costruito in una strada vicina, poi utilizzato come Club dagli americani, anch'essi altrettanto frequentati.
Al piano terreno, con un grande giardino, c'era l'appartamento dei sigg. Lagani. Lui Aldo, corpulento ed energico, già ufficiale di Cavalleria, già rappresentante di commercio, usciva sempre in strada in doppio petto e se fresco con il cappello a larghe tese i testa. Godevano di una certa reputazione : ambedue d'aspetto elegante e signorile, in particolare lei, la signoa Pina.
Aldo raccontava di un duello alla spada che aveva vinto, perla salvaguardia dell'onore di una signora. Fu ferito ad un ginocchio che , hoi, hoi, faceva ancora soffrire.
Avevano 2 figlie, Lia e Teodora. La prima era sposata con Alfredo di professione parrucchiere, credo per signora. La coppia, poco dopo la nascita del figlio, Paris, si trasferì in Canada lasciando i genitori nel più completo sconforto nonostante che la seconda figlia fosse rimasta a Firenze.
Ricordo che quando ad Aldo arrivavano le rimesse relative alla sua professione, o da altri redditi di cui non so bene, usciva con un grande foglio da £ 1000 fra le dita e, lasciando che ciondolasse, favorito anche dall'accentuato dondolio del braccio, faceva in maniera che rimanesse bene in vista, almeno fino all'amgolo dove c'erano i negozi, in cui entrava per cercare di cambiarlo in banconote più piccole. Dalla soglia chiedeva a gran voce, perchè tutti sentissero bene : " Filippo - se era dal fornaio - hai da cambiare?"; oppure Giulio o Oreste, il Droghiere e l'Ortolano.
La mamma, specialmente dopo la partenza di Lia, di cui era ottima amica, si affezionò molto alla signora Pina, cercando di aiutarla e confortarla in mille modi. Era la sua compagna d sfogo.
Per diversi anni, in estate, i Lagani riuscirono a passare il mese più caldo a La Ginestra. ospiti di una nipote :"Andiamo in campagna per qiualche settimana", dicevano portandosi dietro immense valige. Io a quella età non sapevo dove fosse La Ginestra. ma immaginavo un luogo molto bello, invitante ed anche elegante : per portarsi dietro tutto quel guardaroba! Una volta, al ritorno, la sifgnora Pina ci raccontò un episodio che in famiglia abbiamo commentato a lungo. Diceva, la Signora, che dalla finestra vedeva un uomo con un sacco che pareva vuoto, aggirarsi nei campi intorno alla casa ove abitava, e , nel caldo del mezzo del giorno, fermarsi agli ulivi e ..., come prendere qualcosa che la signora non vedeva, ma che la incuriosiva molto. Un giorno si presentò all'uomo domandadogli cosa facesse e prendesse dagi ulivi in quelle ore caldissime. "Prendo le cicale per fare i dadi per il brodo!". La scioccante risposta trovò subito attente orecchie in casa mia : credo che da allora non sia più entrato un dado da brodo nella nostra cucina!
Non posso dire che ci fosse familiarità fra noi e i Lagani, ma riconosco che c'erano molti rapporti, non solo quelli della mamma con la Signora Pina. Una volta lo zio Bibi, il babbo ed il Sig. Aldo, si misero d'accordo di acquistare un tacchino vivo e fargli la festa per Natale. Nel frattempo avrebbe stazionato nel giardino a pian terreno, con una zampa legata ad un lungo filo perchè potesse muoversi e beccare fra la terra e l'erba. Poi, infine, con l'arrivò della vigilia si pose il problema di tirargli il collo : cosa che nessuno aveva messo in preventivo e, sopratutto, nessuno aveva mai fatto!!
Chi lo prese per le zampe, chi per la testa. Tira tira, il tacchino non ne voleva sapere di morire. La soluzione fu quella di tagliargli di netto il collo : un colpo e via. Non ricordo che prese il coltellaccio in mano, ma di certo non si parlò mai più nelle nostre case di tavole natalizie da imbandirsi con tacchini.
Francoeffe