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mercoledì 28 agosto 2013

Il Rach 3


Sergej Rachmaninov
Ne ha scritti 4, Sergej Rachmaninov, di Concerti per pianoforte e Orchestra fra il 1891 ed il 1927 : il n° 1, in Fa diesis minore, Op. 1; il n° 2 in Do minore, Op. 18; il n° 3, di cui si occupa questo scritto, ed il n° 4 in Sol minore, Op. 40. Di  questi lavori esistono incisioni straordinarie, prime fra tutte quelle con il loro autore alla tastiera. C’è  una incisione dei Concerti nn. 1 e 2, con Leopold Stokowsky sul podio della Philadelphia Orchestra con l’ Autore al piano. Un’altra con Andrej Gavrilov al piano e Riccardo Muti alla testa della stessa orchestra - della quale è stato per diversi anni Direttore principale e artistico - che eseguono i Concerti nn.2 e 3. La Philadelpia è diretta anche da Eugene Ormandy nei Concerti nn. 3 e 4 con l’Autore al piano. Queste sono solo alcune fra le più importanti incisioni dei 4 Concerti. Sergej Rachmaninov era considerato un grande pianista, un funambolico virtuoso della tastiera, al di la e oltre l’esecuzione dei suoi lavori. E il Concerto n° 3 non scherza affatto : per la sua esecuzione occorre un pianista che abbia grandi tecnica e doti di virtuosismo. Non si intende esaminare questi capolavori dal punto di vista musicale. Il compito è lasciato al critico. Interessa invece soffermarsi sull’impatto emozionale che provoca il n° 3: il ‘Rach 3’!, ed invogliare al suo ascolto. 
Interessa molto evidenziare in particolare il 3° movimento : Finale:alla breve. Preme però anche suggerire la visione del film “Shine”, una produzione australiana del 1966.
Il film racconta la storia di un pianista che, influenzato dal padre fin da ragazzo, resta completamente coinvolto dal 3° Concerto e come stregato dalla e per la sua esecuzione fino a diventarne ossessionato, tanto da allontanarsene rimanendo come vuoto dentro, come senza anima. 
Successivamente la difficoltà del pianista viene superata ed ottiene un grande successo artistico.
Anche il Concerto n° 2 è stato usato dal cinema per alcune colonne sonore, fra le quali : nel 1946 da D. Lean per il film ‘Breve incontro’ e nel 1954 da B. Wilder, per “Quando la moglie è in vacanza’.
Fatevi allora rendere dalla voglia di ascoltarlo/i o anche solo dalla curiosità.
Voglio sperare che questo scritto l’abbia indotta !!

Francoeffe

domenica 25 agosto 2013

Metti una sera che con l'auto ...


E' proprio il caso di intolare così questo post. Perchè il titolo da il senso della direzione in cui si vuole andare, oppure, come in questo caso, la storia o l'episodio che si vuol raccontare.
La sera, c'era; l'auto, lo stesso; il metti, di cui dirò, riesce ancora a dare un alone di mister, di suspense. Ha qualcosa a che fare col fato, con l'incognita, come è avvenuto.
Pareva una sera come le altre : con la freschezza delle ore 22, con l'aria che entrava dai finestrini socchiusi, che come soluzione per rinfrescare l'abitacolo è migliore dell'aria condizionata con cui, a volte, si rischia il raffreddamento, se non la bronchitella estiva.
Dell'aria si è detto; dell'auto anche; dunque manca solo il fato, l'incognita, l'imprevedibile, l'imprevisto : il danno agli specchietti. Specchietti ? Si, perchè sono più d' uno : gli specchietti danneggiati sono ben 2! Il mio e quello xdell'altro. Già non l'avevo detto, ma oltre all'aria fresca, all'auto - che si capiva fosse la mia - e l'incognita, si deve aggiungere il 2ç specchietto, quello dell'altra auto.
La strada pareva - ma era - larga tanto da non ostacolare il mio sorpasso delle auto in sosta sul lato destro della strada.
Normalmente si scorre agevolmente nelle strade anche in presenza di auto in sosta su un lato. Nel caso che racconto erano regolarmente sistemate entro i box bianchi.Dunque pareva che il sorpasso si potesse fare (ma di sorpasso si trattava, essendo queste vetture in sosta regolamentata ?) come bere un bicchiere d'acqua. Ma, ecco l'incognita, il fato, l'imponderabile, l'imprevisto : nonostante l' assetto della strada consentisse lo scorrimento nelle condizioni descritte, ecco il terzo elemento : l' auto che procede in senso opposto al mio.
Dov'è il problema, vi chiederete. Eccolo, il problema : quell'auto, nonostante le mie insistenti segnalazioni, non abbassò i fari nella posizione opportuna, quella cioè che si attiva quando si incrocia un altro veicolo, tanto più in in centro abitato e illuminato. Ecco quel che mi impedì di calcolare la distanza dalle auto in sosta. D'altra parte mi parve più opportuno mettermi al sicuro da un possibile scontro o sfregamento a centro strada. Quindi strinsi un po' troppo a destra e... addio specchietti !!
In genere dopo un incidente,  quando i 2 conducenti scendono dalle vetture e incrociano gli sguardi, questi sono elettrici, mandano lampi di rabbia, quando non di odio, imprecando l'uno contro l'altro, cercando di convincersi a vicenda dell' opposta responsabilità del fatto.
Stavolta la calma rassegnata di chi scrive e quella consapevole di chi ha ragione hanno prevalso su tutto. Complice (oppure protagonista) il danneggiato che, a due passi da casa, si prese l' incarico di compilare il CID, con la cura e pazienza necessarie a renderlo comprensibile alle rispettive Compagnie Assicuratrici.
Si tratta di un giovane colto e paziente, calmo e cordiale con cui mi sono ancora incontrato, dal carrozziere e altrove, per un caffè. Alcuni giorni fa mi ha fatto regalo di un suo contributo per questo Blog, che spero non sia l'ultimo, firmandosi con lo pseudonimo di Lore. Tempo al tempo.

Francoeffe

LA 'GATTA CENERENTOLA' di Roberto De Simone

Chi non ha mai visto quest'Opera, questa favola in musica, come l'Autore l'ha definita, non sa cosa si è perso : un capolavoro. Ma si è sempre in tempo !! Ci sono i DVD.
Probabilmente il testo è ripreso dalla matrice della favola, dal 'Pentamerone' di A.Basile. Naturalmente è stata una buona occasione di evidenziare e presentare agli spettatori ed al mondo intero, se non tutta certamente una buona parte della complessità e profondità della cultura napoletana. Parlare della musica di questo lavoro non rientra nelle mie possibilità di 'orecchiante'.Accenno solo al fatto che è nello stile della produzione napoletana nel  '700. Mi par di poter dire che si 'sente' il colore dell'Opera buffa.
Mi piace invece soffermarmi sulle scene più significative e importanti del lavoro,  che si apre con il magnifico canto 'Jesce sole',un'invocazione all'astro perchè infonda la speranza che con la sua nuova uscita, porti pace, fortuna e sollevi il popolo dalla sua situazione di miseria e precarietà in cui versa.Il canto è inizialmente accompagnato dalla tamorria a cui si aggiunge un violoncello che accompagna la straordinaria voce di contralto della solista. L'intensità dell' atmosfera che si crea è pari all' interpretazione di questa edizione. Nella prima edizione, con la NCCP e la Compagnia 'Il Cerchio',  il canto veniva eseguito dalla splendida Isa Danieli, se non mi sbaglio.Nel primo atto si tratteggiano le figure delle 6 sorelle '...son tutte belle, son tutte belle per far l'amor..' si canterà in seguito, elencando le loro virtù. Curiosi i versi che presentato la quinta : ' ... che fa la finta vergine incinta per far l'amor'. In questo atto si presenta anche la matrigna, come le sorelle interpretata da un uomo in maniera esilarante. Ha avuto ben 7 mariti (questo numero è ben presente in questo lavoro), ognuno con particolari attitudine e mestiere : il 5° 'suonava' un violino irrimediabilmente 'scurdato'!
La maggiore evidenza in questo atto è però il 'rosario, sgranato mentre viene ricamato un lungo telo dalle mani degli attori (sempre uomini) che pregano con strani versi e giaculatorie. Questo l'inizio : 'Nnommen'e pato e comm'è stato da solachianello è addeventato scarparo' ; ecco uno dei 'misteri' : 'Nel secondo mistero e' Mmaculata, pe' se fa' na sceriata, jette a fernì rint'a culata, po' venettero 'e surdate e 'a sceriaieno int'a nuttata, po' venettero 'americane, e 'a 'ncasaieno mmiez'e ggrare, po' vennettero 'e marucchine, e ce 'o 'mpezzaiene eret' 'e rine'.   Non sono descrivibili i movimenti delle mani delle' ricamatrici' , in cui ho riconosciuto quelle
 di alcune ricamatrici vere, di quando ero ragazzo. Neppure il tono delle voci che snocciolano il 'rosario' : come si può fare? Le inflessioni, i movimenti..., si possono, si devono solo vedere! Nel terzo atto ci sono 3 momenti magici, magistralmente interpretati : i 2 cori delle lavandaie nel primo dei quali c'è tutta la poesia, la cultura napoletana, il suo vissuto, le vicende che l'hanno determinata e la sfortuna che ha perseguitato quella terra, sfruttata e depredata, che è passata di mano in mano nei secoli.. I versi relativi al clamore che viene fatto dai soldati del re, per cercare la ragazza che ha perduto la scarpetta (a' chianella') : ' Da stammatina tamorr' e trombe, comm'a quanno pass'a ' Sulitaria, d' o' venerdì santo! Da stammatina na scarpa vacante, purtata 'mprocessione, e' ncopp' e' castielle, ciente cannone, cu 'a vocc'aperta contr' o' cielo, aspettano nu signale, pe' fa' tremmà e' paura o e' gioia, tutt''e llastre d'è ccase!'
E ancora : ' Avite 'ntis' e surdate ? Sule lloro, girano e cantano canzone furastiere, ca nuie nun cunuscimmo, e ca se sentono quanno s'è perza na guerra!' Versi magnifici che la dicono lunga sulle vicende della città di Napoli, passata da padrone a padrone, a seconda dei vincitori di quella guerra.
Il secondo coro delle lavandaie è il trionfo del ritmo : viene cantato sul ritmo di una tamorriata. Nel vecchio filmato di una lezione di regia il M° De Simone, autore e regista, spiegava alle attrici come voleva che si muovessero in questa scena : il ritmo doveva essere segnato anche dal movimento dei loro fianchi e seni, che inquadrati in un generoso decollete', si dovevano muovere opposti a quello dei fianchi. Il tutto in un movimento rotondo e regolare : fianchi a destra, seni a sinistra. Prima dell'ultima scena, quella finale, detta delle 'ingiurie', si riascolta 'Jesce sole' cantata da 2 voci femminili, con magnifici accordi. L'invocazione sottolinea la speranza che potrà essere favorita da questa fortunata giovane donna, che se da popolana diventerà regina non potrà certo dimenticare le condizioni di vita del popolo. Le 'ingiurie' se le lanciano, arroventate, le lavandaie e la matrigna. Esilarante scena in cui se le dicono di tutti i colori :  mentre la matrigna fa il tifo per il piede della figlia le lavandaie glielo fanno contro.
Tutti sappiamo come va a finire, non occorre che mi dilunghi.  

Francoeffe


venerdì 23 agosto 2013

PROPOSTA DI LETTURA

Un amico, che si firma con pseudonimo, mi offre questo contributo che pubblico volentieri.

Sono un amante della lettura di libri e  mi è capitato casualmente mentre mi trovavo da un amica di scorgere nella libreria di famiglia un libro che tanto avevo cercato GALILEO E KLEPERO E LA NASCITA DEL METODO SCIENTIFICO… Si tratta delle edizioni settimanali che escono con i quotidiani e che non avevo avuto l’occasione di comprare perché mi trovavo in viaggio all’ estero.
Sorpreso alla vista, domandai cortesemente se avessi potuto leggerlo … (L’educazione è importante)
Il libro si  presta a qualsiasi lettura, superficiale, approfondita e riesce a trasmettere le basi del metodo scientifico in modo chiaro.
 Sono proposti gli esperimenti  che hanno delucidato il pensiero di Galileo.
 Dalla caduta dei gravi … fece costruire un piano inclinato di legno lungo 10 m e inclinato di 10° rispetto al suolo, con un collaboratore in laboratorio fece il seguente esperimento. Il collaboratore tiene la pallina ferma nel punto più alto del piano inclinato e quando Galileo gli da il via  lascia scendere la pallina. Mentre la pallina percorre il piano inclinato Galileo, che è un abile musicista, batte alcune battute musicali. Ad ogni battuta il collaboratore segna la posizione della pallina. Da qui la scoperta che la velocità non rimane costante ma che è presente un accelerazione. Lavorò mesi e mesi su questo problema e poi scrisse una lettera contente il primo teorema della nuova fisica.
Da qui nascono le prime accuse di eresia sulle sue letture etc…
Nello stesso periodo un ‘altro grande cervello contemporaneo, Klepero,  enunciò “la  prima legge di Klepero” …

Questo è solo l’inizio di un piccolissimo libro ricco di fascino scritto da Bellone.

Lore

a cura di Francoeffe

martedì 13 agosto 2013

La bibita cangiante


A noi ragazzi la cosa parve molto curiosa, anzi, più che curiosa parve quasi un trucco. Per la verità parve più che altro un sortilegio. Insomma, nessuno ne aveva mai sentito parlare, tanto meno vista!
Quando dopo la guerra si ricominciò a ricostruire in via Scialoia, alla fine degli anno ’40, fu impiantato un cantiere anche all’angolo con via Manin. Quando chiudeva, poco dopo le 5 del pomeriggio, restava in mano a noi ragazzi che, certamente assistiti dai rispettivi Angeli Custode, la facevamo da padroni. Chi saliva sulle impalcature, chi impastava la calce e chi scendeva nelle cantine per  vedere quali piastrelle sarebbero state messe nei bagni e cucine.
Una volta, ad un ragazzo che muoveva la rena gli scivolò la pala di mano che andò a sbattere proprio sulla fronte di Luciano, al quale si aprì una bella ferita proprio sopra l’occhio sinistro.
Lascio immaginare la paura di tutti alla vista del sangue! Chi scappò di qua chi di la. In due lo accompagnammo a casa, inventando una storia (Luciano era ben d’accordo) che diceva del gioco delle ‘Guardie e ladri’, delle fughe dei ladri e dell’inciampo in un sasso sporgente. La storia fu bevuta è tutto finì bene per tutti.
Un bel giorno – la casa era finita da poco tempo -, al piano terreno si stabilì una famiglia che a noi pareva strana : c’era anche un ragazzo e finalmente avremmo acquistato un nuovo compagno di giochi. La famiglia veniva da Tunisi, il padre pareva italiano :comunque parlava la nostra lingua.  II ragazzo, Ignazio, aveva come noi 7 o 8 anni e portava gli occhiali : nella combriccola era l’unico; suo padre aveva i capelli lisci, impomatati  e attaccatissimi alla testa (la Littizzetto li avrebbe detti ‘dipinti’) , vestito sempre elegantemente : in quella primavera indossava un soprabito leggero, i guanti ed un foulard di seta che gli svolazzava a causa dei suoi  passi frettolosi. La madre era una bella signora elegante : anche lei usciva sempre con guanti e cappellino; la nonna era sempre vestita  di nero con abiti che gli arrivavano ai piedi,  aveva coperta anche la testa  : gli si vedeva solo il viso (adesso so che indossava il chador); la figlia, di nome Barbara era di una bellezza straordinaria : somigliava alla madre, avrà avuto intorno ai 18/19 anni. 
Poi c’era lo zio di Ignazio, fratello della madre, che chiamavano ‘tato Jean’, o qualcosa di simile : anche lui sempre elegantemente vestito, aveva una magnifica e potentissima Alfa Romeo decapottabile rossa con le ruote a raggi. Di tanto in tanto ci caricava sopra in 7 o 8 , e con Ignazio in testa,  via per una volata alle Cascine.
Capitava a volte di incontrare questi due signori  al bar-drogheria all’angolo con via Bovio. Fumavano sigarette prese da eleganti astucci tenendo i guanti nella mano sinistra e chiedevano qualcosa da bere davanti al bancone di legno alto e lucido. Gli veniva servito un liquore che poi, quando veniva aggiunta l’acqua, diventava bianco come fosse latte.
Da qui la meraviglia. Perchè sembrava un trucco. Ma più che altro pareva  un sortilegio.
Sarà stato perchè venivano da Tunisi ?

Francoeffe

Piero e Alma


Si chiamavano davvero così : Piero e Alma. Una coppia con nomi tipo Gianni e Pinotto, Bibì e Bibò!
I nomi erano veri, solo che io che non volevo credere a quanto avevo saputo.  Pareva impossibile crederci, sembrava una storia inventata per la veglia. Invece no : la storia che avevo sentito era verissima.
Li ho anche incontrati qualche volta. Dallo zio Bibi, a Barroccino, quando abitava un cima,  o in fondo all’Arnaccio, dipende da dove si arriva o si parte.
Di tanto in tanto ci andavano per una visita. Abitavano verso Pisa, arrivavano sulla loro ‘Bianchina’ chiara, decapottabile, si intrattenevano per due chiacchiere e un caffè, talvolta anche a cena. Non avevano nessuno che li aspettasse a casa. Credo non avessero figli, forse solo alcuni parenti.
Erano molto anziani : lui grande e grosso, con spessi occhiali sul naso; lei, minuta e delicata : pareva si dovesse prendere in collo per salire le scale esterne della casa di Barroccino.
La cosa curiosa però non era questa, in fondo coppie di due figure diverse ce ne sono tante. La curiosità, diciamo così, era altra, anche ben più corposa e curiosa : era a questa che stentavo a credere.
Dunque, Piero nonostante le spesse lenti sugli occhi non ci vedeva un tubo! Nel vero senso della parola. Eppure viaggiavano in auto, su quella vecchia ‘Bianchina’. Come facevano? Semplice : Alma nel periodo estivo stava in piedi con la testa fuori dal tettuccio; nel periodo freddo si affacciava al finestrino di destra e dava a Piero per indicazioni necessarie per viaggiare nel traffico : l’Aurelia non è uno scherzo : “…vai Piero, freccia e sorpassa,… ora rientra,… basta così, bene! Raddrizza le ruote, così !”
Ecco, questi erano Piero e Alma, amici degli zii che abitavano a ‘Barroccino, ’in fondo  o in cima   all’Arnaccio, a seconda da dove si arriva o parte.

Francoeffe

giovedì 8 agosto 2013

Il Calcio Storico Fioentino

I 'Bombardieri' nel Corteo Storico

Finalmente : l’esperienza che inseguivo da tempo alla fine sono riuscito a farla : prendere parte alla Sfilata Storica del Calcio in Costume. Nel periodo più caldo, la metà di Giugno in occasione della finale  fra gli Azzurri di Santa Croce e i Rossi di Santa Maria Novella. Naturalmente farò il tifo per gli Azzurri : Santa Croce è il quartiere dove ho vissuto fino all’età di 12 anni.
La sfilata : per due ore sfilano per la città  i colori dei costumi e delle piume, i personaggi imponenti e solenni nei magnifici abiti rappresentano il Messo della Signoria, le Arti, le Magistrature con i Bandierai che portano le loro insegne; il Proconsolo, il Magnifico Messere, il Maestro di Campo, il Capitano delle Guardie ed i Sergenti delle fanterie; i musici e i tamburi; le splendide dame che sembrano scese dagli affreschi del Ghirlandaio, dalla Cappella maggiore di Santa Maria Novella da dove muove il Corteo e via via, altri ed altri ancora, personaggi che evocano una magnifica storia rappresentante una  civiltà che muoveva i suoi primi passi fin dai primi decenni del II° millennio. Tutti dietro al ‘Gonfalone di Firenze’ in cui la città si riconosce, accompagnato dalla scorta, dai Mazzieri e dai trombetti.
Occorrerebbe essere più addentro al meccanismo del Calcio Storico per coglierne maggiori sensazioni e conoscenze, ed io non lo sono. Ma di certo  mi ha riempito d’orgoglio il prendere parte ad una rievocazione storica che propone l’altissima civiltà di Firenze e coinvolge fisicamente ancor oggi casate delle più alte nobiltà e patriziati. I nomi sono storici e famosi : Bartolini Salimbeni, Alli Maccarani, Rosselli Del Turco, Gondi solo per citarne alcuni. Sono casate che hanno preso parte alla vita cittadina ricoprendo, nei tempi, incarichi determinanti e delicati.
Gli scoppi delle Bombarde hanno fatto volare alti i piccioni.
Il saluto ‘alla voce’ ed i comandi impartiti al campo, l’orgoglio. 
Il “Gridate con me Viva Fiorenza!” l’ha mandato ancora più in sù! 

Francoeffe

mercoledì 7 agosto 2013

Il pianoforte


Non mi capita più spesso, come anni indietro, di passare da via de’ Ginori. Gli splendidi palazzi del lato sinistro lo meriterebbero almeno una volta al mese. Questi palazzi oltretutto evocano vicende che sono parte della storia fiorentina con  famiglie, artisti e personaggi pubblici.
Il più imponente ed elegante è senz’altro quello della famiglia che da il nome alla strada : palazzo Ginori attribuito a Baccio d’Agnolo. Slanciato, si chiude con l’elegante loggiato sotto il tetto. I Ginori pare si siano inurbati a Firenze da Calenzano alla fine del ‘200 e fino dal ‘300 hanno preso parte attiva alla vita cittadina, fornendo al Governo della Repubblica 5 Gonfalonieri di Giustizia e 26 Priori. Alla fine del  ‘400 la famiglia era divisa in più rami, ad oggi ne restano ancora due : i Ginori Lisci ed i Ginori Conti. A poca distanza da questo c’è un secondo palazzo Ginori anch’esso attribuito  a Baccio d’Agnolo. Nel ’700 a Doccia, nei pressi di Sesto, i Ginori fondarono quella che ancor oggi è una splendida fabbrica di porcellane nota in tutto il mondo. Avere nel corredo un ‘servito’ di piatti ‘Ginori’ era, ed è tutt’oggi, motivo di grande orgoglio.
Altro imponente edificio è palazzo Neroni, quello della potente famiglia che ebbe anch’essa 28 Priori e 8 Gonfalonieri di Giustizia. Il rapporto di amicizia con Cosimo il Vecchio fece cadere la famiglia in disgrazia e fu esiliata da Firenze quando aderì al partito dei Pitti.
Adiacente a questi il palazzo Montauto, che espone due bellissime finestre inginocchiate il cui disegno pare sia da attribuire all’Ammannati. Non si può non accennare  all’elegante palazzo Tolomei, già Del Chiaro. Per completare le emergenze di via de’ Ginori, conviene rammentare che il lato destro di questa strada inizia con un muro di cinta merlato, che racchiude il giardino e il retro di palazzo Medici-Riccardi . Da questa parte della strada si accede alla straordinaria Biblioteca Riccardiana, ed ai suoi rari e preziosi volumi e incunaboli. In evidenza anche il grande  stemma dei Riccardi, succeduti ai Medici nella proprietà del palazzo disegnato da Michelozzo : una Chiave.
Non ci passo più spesso da questa strada. A volte, anni indietro, ai passanti capitava di ascoltare, proveniente dalla finestra di uno di questi palazzi,  il suono di un pianoforte con splendide note.
La tastiera era toccata dal M° Michele Campanella. A volte mi fermavo sotto casa, rapito e grato. 

Francoeffe

Ancora via Scialoia : i Lagani.

Non ricordo tutti gli abitanti del n° 58 già 32, di via Scialoia, dove abitavo con gli zii e i nonni.
Allo stesso piano, il 1°, abitavano i sigg. Mendico, anzi pareva che ci stesse solo lui, il Cav. Mendico, tanto che non si rammentavano altri. Gli invidiavo il terrazzo sulla strada, non certo la governante/tuttofare che abitava con lui e la moglie : la Ernesta.
Nell nostra stessa colonna, oltre a noi al 1° piano, al 2° c'erano i Chiari: lui, un vinaio, gestiva un negozio non so docve; lei, una donna modesta, dai modi semplici e calmi, pareva si spostasse nell'aria con il timore di sciuparne l'assetto; la figlia, la bellissima Cosetta, usciva sempre in compagnia del cane : Nai, forse in ricordo degli amici tedeschi che frequentava nel loro Circolo, che durante l'occupazione era stato costruito in una strada vicina, poi utilizzato come Club dagli americani, anch'essi altrettanto frequentati.
Al piano terreno, con un grande giardino, c'era l'appartamento dei sigg. Lagani. Lui Aldo, corpulento ed energico, già ufficiale di Cavalleria, già rappresentante di commercio, usciva sempre in strada in doppio petto e se fresco con il cappello a larghe tese i  testa. Godevano di una certa reputazione : ambedue d'aspetto elegante e signorile, in particolare lei, la signoa Pina.
Aldo raccontava di un duello alla spada che aveva vinto, perla salvaguardia dell'onore di una signora. Fu ferito ad un ginocchio che , hoi, hoi, faceva ancora soffrire.
Avevano 2 figlie, Lia e Teodora. La prima era sposata con Alfredo di professione parrucchiere, credo per signora. La coppia, poco dopo la nascita del figlio, Paris, si trasferì in Canada lasciando i genitori nel più completo sconforto nonostante che la seconda figlia fosse rimasta a Firenze.
Ricordo che quando ad Aldo arrivavano le rimesse relative alla sua professione, o da altri redditi di cui non so bene, usciva con un grande foglio da £ 1000  fra le dita e, lasciando che ciondolasse, favorito anche dall'accentuato dondolio del braccio, faceva in maniera che rimanesse bene in vista, almeno fino all'amgolo dove c'erano i negozi, in cui entrava per cercare di cambiarlo in banconote più piccole. Dalla soglia chiedeva a gran voce, perchè tutti sentissero bene : " Filippo - se era dal fornaio - hai da cambiare?"; oppure Giulio o Oreste, il Droghiere e l'Ortolano.
La mamma, specialmente dopo la partenza di Lia, di cui era ottima amica, si affezionò molto alla signora Pina, cercando di aiutarla e confortarla in mille modi. Era la sua compagna d sfogo.
Per diversi anni, in estate, i Lagani riuscirono a passare il mese più caldo a La Ginestra. ospiti di una nipote :"Andiamo in campagna per qiualche settimana", dicevano portandosi dietro immense valige. Io a quella età non sapevo dove fosse La Ginestra. ma immaginavo un luogo molto bello, invitante ed anche elegante : per portarsi dietro tutto quel guardaroba! Una volta, al ritorno, la sifgnora Pina ci raccontò un episodio che in famiglia abbiamo commentato a lungo. Diceva, la Signora, che dalla finestra vedeva un uomo con un sacco che pareva vuoto, aggirarsi nei campi intorno alla casa ove abitava, e , nel caldo del mezzo del giorno, fermarsi agli ulivi e ..., come prendere qualcosa che la signora non vedeva, ma che la incuriosiva molto. Un giorno si presentò all'uomo domandadogli cosa facesse e prendesse dagi ulivi in quelle ore caldissime. "Prendo le cicale per fare i dadi per il brodo!". La scioccante risposta trovò subito attente orecchie in casa mia : credo che da allora non sia più entrato un dado da brodo nella nostra cucina!
Non posso dire che ci fosse familiarità fra noi e i Lagani, ma riconosco che c'erano molti rapporti, non solo quelli della mamma con la Signora Pina. Una volta lo zio Bibi, il babbo ed il Sig. Aldo, si misero d'accordo di acquistare un tacchino vivo e fargli la festa per Natale. Nel frattempo avrebbe stazionato nel giardino a pian terreno, con una zampa legata ad un lungo filo perchè potesse muoversi e beccare fra la terra e l'erba. Poi, infine, con l'arrivò della vigilia si pose il problema di tirargli il collo : cosa che nessuno aveva messo in preventivo e, sopratutto, nessuno aveva mai fatto!!
Chi lo prese per le zampe, chi per la testa. Tira tira, il tacchino non ne voleva sapere di morire. La soluzione fu quella di tagliargli di netto il collo : un colpo e via. Non ricordo che prese il coltellaccio in mano, ma di certo non si parlò mai più nelle nostre case di tavole natalizie da imbandirsi con tacchini.
 

Francoeffe