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lunedì 29 dicembre 2014

IN MEMORIA DI UN AMICO

Gita a Tivoli
Lui forse lo sapeva che gli ero affezionato, anche se tesdardamente aveva rifiutato di parlarmi da allora e anche all'inizio di questa estate.
La causa era stata una diversa visione, considerazione e e soluzione di un fatto accaduto nella nostra cerchia di amici. Avevo cercato di portare la pace, che pareva destinata a non ritornare più nel nostro Gruppo, andando a parlare con quello che aveva suscitato il pandemonio. C'ero andato in compagnia di un altro amico perché fosse all'occorrenza testimone dell tenore dei ragionamenti e dello sforzo che mi prefiggevo di portare a termine. Ma Aniello, che avevo messo al corrente di quanto volevo fare, non condivideva quella intenzione, anzi mi disse chiaramente che non avrei dovuto neppure andarci dall'amico che aveva procurato lo scompiglio. Per la verità non era neppure la prima volta, ma il rischio era che si smembrasse il Gruppo, così faticosamente costituito.
Ma il suo carattere deciso, rimasto offeso dall'ultima uscita del comune amico che io volevo riportare a ragione, non gli ha permesso di passarci di sopra; anzi, il mio - ne sono certo - lo aveva considerato uno sgarbo nei suoi confronti. La certezza di questo giudizio l'ho avuta confermata quando all'inizio dell'estate, pescandolo al telefono (fino ad allora si era fatto negare dai familiari), gli domandai ragione della sua salute, che avevo avuto sentore non fosse buona. Mi ghiacciò con un secco "... non voglio parlate con te!".
Alla vigilia di Natale ho avuto la notizia che ci aveva lasciati.. Della cerchia degli amici più cari del periodo della Leva, é il secondo che se ne é andato avanti: prima Angelo, adesso Aniello. Li avrò sempre nel cuore.
Quando ci mettemmo ad organizzare il Gruppo pensammo subito ad Aniello e ci  mettemmo a cercarlo. Era, all'epoca, 40 anni prima, uno dei più mattacchioni e ci era rimasto nella mente. La traccia era debole ma mi ricordavo che era di S. Giorgio a Cremano, ancora poco per rintracciarlo. Alla fine, dopo averlo trovato ed averci parlato, ci demmo appuntamento a Bracciano, nella vecchia Caserma, in occasione  del nostro 2° Raduno. L'incontro fu emozionante e commovente: dopo 40 anni, di cui gli ultimi due di ricerche.
Era con sua moglie, una donna con lo sguardo dolce, piena di premure per lui. L'ho incontrata ancora, anche a casa sua come ospite, proprio insieme all'amico che ero andato a cercare per ricondurlo in seno al Gruppo.
Se l'avessi saputo in tempo utile per il funerale, sarei andato a Napoli, per rivederlo ancora una volta.
Io non gli portavo rancore, nonostante il suo rifiuto dell'inizio estate.
Lo ricorderò con l'antico affetto.

Francoeffe

giovedì 14 agosto 2014

Una persona molto cara.

Zia Marcella, primi anni 40.
I blog, questo almeno, ospita anche contributi di altri. Inoltre chi l'ha detto che un blog, questo almeno, debba ospitare soltanto post distratti, ridanciani, o seriosi, comici ecc ...
Questo post rientrerà in quelli non solo seri, ma dolorosi. E' un post in memoria di una persona cara.
Ognuno di noi ha fra le sue parentele e conoscenze una o più persone che gli sono particolarmente care, o simpatiche, con le quali ha condiviso momenti allegri, drammatici oppure ha percorso insieme un tratto di vita. Questa era una zia.
Questa persona a me cara che é venuta a mancare oggi, era fra questo tipo di persone care: avevamo anche percorso un po' di vita insieme e non ci eravamo mai persi di vista, se non negli ultimi tempi a causa del suo forzoso trasferimento a Roma. Parlo della zia Marcella, sorella di mia mamma.
Ho avuto molte zie alle quali sono stato molto legato, alle quali ho voluto ricambiato,. molto bene, per una ragione o per l'altra. La zia Rina, perchè una sua figlia é cresciuta con me e Marco; la zia Albertina perchè  é stata di casa nella nostra, consigliera e confidente della mamma, sempre pronta ad intervenire; la zia Anita, che mi aveva visto piccolo mentre con i miei ero sfollato ad Osteria Nuova durante il passaggio del fronte. Zia lo sarebbe diventato dopo quel periodo. Ma la zia Marcella, ...
Mi aveva visto nascere, lei diceva '.. ti ho tirato io fuori!'. Era quasi vero.Mi aveva cresciuto mentre mamma lavorava da sarta da uomo sulla sua Singer. Dai pannolini, al biberon, a lavarmi e vestirmi, al fiocco sul grembiulino per l'Asilo, a 5 anni. Era la sorella minore di mamma; abitavamo insieme a Firenze prima del nostro trasferimento ad Osteria Nuova di Bagno a Ripoli. Abitavamo insieme anche quando si sposò col 'bibi'. lo zio Roberto che venne a vivere nella nostra famiglia. All'epoca era quasi normale. Quando arrivò in famiglia suo padre, provetto imbianchino e decoratore, trasformò la vecchia casa, 5 stanze allineate e affacciate sui un lungo corridoio, in una 'quasi' reggia. 3 camere da letto, una cucina ed un vasto salotto, dove su due tavoli, pranzavamo e cenavamo. Il babbo dello zio 'bibi' rinfrescò tutta la casa a cominciare dalla camera da letto degli sposi: un trionfo di rose nella balza in alto e nei contorni a finestra e porta. Il salotto lo fece sembrare una sala di Fontanbleu! La zia Marcella fino a che non nacquero le sue figlie, continuò ad occuparsi di me e Marco, mio fratello. Al mattino mi pettinava i capelli ricci, prima di uscire per la scuola. Mi dovevo mettere le mani sulle orecchie per non farmele asportare sotto i suoi colpi di pettine. Le sere d'estate, quando gli zii andavano a ballare alla 'Villetta', mi portavano con loro. Vederli era uno spettacolo, affiatati come pochi si esibivano in tanghi appassionati e valzer indemoniati.
Quando avevo 14 anni andai a passare oltre 3 mesi da loro, a Castelnuovo val di Cecina. Mesi indimenticabili da dove tornai viziato come pochi altri. Gli zii come i nonni sanno viziare, e come!.Fino a che non andarono ad abitare a Barroccino, una borgata di Stagno (Li). Abitavano una casa vasta dove l'ospitalità era una norma. Cugini e nipoti ne approfittavamo ad ogni pié sospinto. Non passava un'estate che non ci ritrovavamo in una 20ina, accampati in ogni dove. Camerate per maschi e altre per femmine. I ragazzi in una cameretta con letti a castello. La zia ad una cert'ora del mattino vi si affacciava con il famoso ritornello: 'Svegliatevi ch' é l'ora, chicchi-ri-ri-cchi-cchì'.. Un giorno era il 15 agosto di molti anni fa, avevo fissato di passare il Ferragosto da loro. Verso le 10.30 trovai le finestre ancora chiuse oppure già chiuse? Salita la breve scala, incoraggiato dall'inquilino di sotto che ' ...non li ho ancora sentiti.', bussai. Venne proprio lei, la zia Marcella ad aprire. Aveva gli occhi come fessure e pieni di un sonno non ancora esaurito. 'Franco, cosa fai a quest'ora?' Era andata così:  verso le 24 della sera prima a chi era in casa (una dozzina) gli venne fame. e non trovarono di megluio che scendere nel pollaio per tirare il collo a 1 o 2 pollastre.Fra chiapparle e pelarle, cuocere e condire la pasta vennero le 3. Il tempo di mangiare e bere e via a letto.
'Bibi, Petrizia, Vilma, Lido, Andrea, Emilio , ...., ...., c'é Franco con la Grazia, sono arrivati. Sveglia.'
Altre volte di passaggio; 'Dammi la maglietta, in una attimo la sciacquo e si asciuga, così viaggi meglio'.
Par fare una festa di fine anno insieme ci andavo per l'Epifania. Mai una volta che sia mancato un giocattolo per Neri.
Quella volta che con Grazia ci si mise a fare i tortellini. Ci venivano grossi come ravioloni. Arrivò la zia Marcella e in quatro e quarr'otto ce li arrotolò lei. Una meraviglia!
Una volta che andai a Barroccino, la trovai  già ai fornelli. Pensai che mi volesse fare chissà quale pranzo. Alla domanda rispose che quel tegame era per Piera. una delle 2 consuocere che abitava vicino: gli aveva chiesto una mano per un pranzo impegnativo. C'era anche una teglia sul fuoco e chiesi cosa ci fosse dentro. 'Ci sono i polpetti da fare alla Luciana'. Domandai ' Ma per noi? Non ci sarà niente per la tavola?'. La vedo ridere ancora: 'I polpetti sono per noi, la 'Luciana' é il tipo di ricetta con cui li cucino!'.
Ultimamente abitava a Scandicci, dove ci andavo spesso a far loro visita. Lo zio non stava più bene e lei, accompagnandomi alla porta mi sussurrava: 'Torna a trovare lo zio, ti rammenta ogni giorno'. Uscivo commosso da quelle visite, per il rinnovato legame fra noi e per il pensiero che aveva per Roberto, il grande amore della sua vita..
Poi in questi momenti, ti viene di pensare a quante volte non l'hai vista o sentita. Al telefono sia io che altri nipoti, se rispondeva lei chiedevamo subito dello zio. Allora si incazzava: ma io che sono? Il culo?'
Ti vengono alla mente tutte le volte che potevi andare a farle visita e l' hai rimandata.
Ti viene di pensare a quante volte potevi dirle. ti voglio bene zia Marcella. Lei lo sapeva, ma perché non dirglielo?

Francoeffe

martedì 12 agosto 2014

Una gita nel Parco 'Fanes, Sennes, Braies'

Un cespuglio di pino mugo
L'avevo visto diverse volte quuell'alberghi vicino a quella pozza che chioamavano 'lago'. Era il Lac d'la Creda, mi pare si chiamasse così. Il ricordo, senza ricorrere alle mappe si é un po' sfocato.
Era, anzi é ancora, sulla strada per Pederù, quasi alla metà, nel verde. Da li parte il sentiero con cui alla fine si arriva al Rifugio Fodara e dopo a Pederù, passando per quelli del Sennes e Fodara..
Più che percorrere quel sentiero pareva di risalire un torrente in secca. Ma era proprio quello il fascino: quel sentiero che risaliva un torrente. Di tanto in tanto si degnava di farsi vedere o  ascoltare tramite il consistente rumore di fondo causato dall'acqua rotolante fra i sassi e saltellante fra i grossi massi. Forse era la voglia di farsi sentire oltre che vedere. Il torrente faceva come al gioco del 'cucù'. O come la madonna di Fatima: apparire e scomparire. Fu in quel letto sassosissimo che la vidi: una Stella Alpina che cercava la luce in cima al suo stelo che sembrava un collo allungato in cerca d'aria.
Mi venne in mente Modigliani ed i suoi lavoro su tela. La  fotografa che scattai é andata dispersa, peccato!
Poi, improvvisamente, il torrente scomparve nel profondo della terra e non si fece più vedere e sentire.
Quando il sentiero iniziò a perdere parte della sua pendenza ci fu il momento di voltarsi indietro e non vedere niente. Nel senso che la particolare curvatura non consentiva altro orizzonte se non dai lati: alti costoni di roccia che ci indirizzavano verso il 'barco', a q. 2550 slm.
Dei baranci ce ne rendemmo conto solo quando gli fummo nel mezzo: magnifici, perfettamente rivolti verso il cielo a tanti, tanti da formare un labirinto. Sarebbe stato bello poter vedere l'effetto dall'alto!. Piazzole di pino mugo profumatissimo (1), si susseguivano le une alle altre, ognuna di altezza e consistenza diverse.
Poi il sentiero ci avviò verso una morena impressionante. Il sentiero serpeggiante pareva non avesse più fine. Servì molta attenzione, non era ammessa nessuna distrazione che poteva rivelarsi fatale. In hotel avevamo sentito storie di grandi escoriazioni causate da scivoloni sulle morene.
Al termine di questo sentiero che non aveva dato nessun momento di  respiro, il barco: un passaggio così stretto che passammo uno alla volta scavalcando il diaframma ad altezza del cavallo dei calzoni. Poi, ...
La vista del grande pascolo che pareva non avesse fine. Ancora una conca fra alte muraglie di roccia. Nel prato i cardi in fiore invitavano a coglierli, ma ..... nessuno ci provò, anche perchè dopo sarebbe stato necessario portarli a casa, come? Dove?...
Sia io che Vittorio, Gino, Sandro e Cristina ci accorgemmo di avere una fame da lupi, il panino potrtato da ll'hotel era stao divorato fra i baranci. Contavamo sul Rifugio Sennes, che però ancora non era in vista e le ore di marcia erano già ben 5. Ma la mappa e le segnalazioni ci dicevano che eravamo sulla strada giusta, dunque si trattava solo di strada. Finchè non apparve il Rifugio. Una sciacquata alle mani e via, intorno alla tavola  su cui fu presto aggiunto un profumato minestrone, del vino e acqua a cui seguì una tegliata di uova affrittellate mescolate a speck! Un trionfo di cucina e appetiti.
La gita terminò dopo ancora 2 ore. Passammo per un caffé al Fodara per poi scendere a Pederù dove ci aspettava l'auto di uno di noi. Rientrando recuperammo l'altra lasciata al mattino a Lac d'la Creda
(1) Pinus mugo (class. Turra, 1764) della famiglia pinaceae. Dai sui rametti verdi non ancora lignificati viene estratto l'olio essenziale di mugolio (on line).

domenica 3 agosto 2014

Presentazione

Aggiungi didascalia
Ho un nome molto lungo se detto e scritto alla maniera antica e per intero, con tutti i patronimici. 
Sono riuscito a conoscerlo al termine della Ricerca sulla mia genealogia. Antica, contadina ma affascinante e ben radicata nel 'popolo' di Antella. Anzi, di Santa Maria all'Antella, detto alla maniera antica, anche questa!
Adesso non é più consuetudine di declinare anche il nome del padre dopo il proprio.
C'é anche una ragione per dire il proprio nome per intero. E' quella di esibire per intero tutta la Genealogia che la maggior parte della gente non si é mai curata di cercare. Non sanno quel che perdono, i maturi per indifferenza i giovani per ignoranza, presi come sono a 'spippolare' incessantemente sui loro aggeggi tascabili elettronici. Senza contare chi su Face Book si perde a condividere le cose degli altri, nella maggior parte dei casi insulse, ovvie ma sempre kitch: filmati impossibili, cani e gatti a sfare o ragionamenti sulla squadra del cuore, giurandogli fedeltà assoluta. Mah!!
Ma per tornare al bomba vi dico il mio nome con le caratteristiche di cui sopra : Franco di Brunetto, di Giovacchino di Emilio, di Luigi di Giovacchino, di Vincenzo di Cosimo, di Bernardo di Cosimo, di Pierantonio di Jacopo Fantechi, dei 'bambolini' di Petriolo. Toh!
Chi l'ha lungo lo .. esibisca il nome e io sto bene!
Mi é venuto in mente di scrivere questo post per la ragione che oggi ho aggiornato la Ricerca chiusa nel 2012 a seguito di 2 new entry: Alessandro e Cristiano che sono individuati come cugini di 7° grado. Quest'ultimo lo incontrerò giusto martedì mattina, seduti ad un tavolo per un caffé.

Francoeffe

venerdì 1 agosto 2014

Un vecchio amico.

Loris e suo figlio sulla copertina di una
Rivista per italo-canadesi.
Arriverà alla fine del mese. L'ultima notizia dice che sarà a Firenze il 24. Passeremo almeno un giorno insieme, così almeno mi ha detto. Certo, dopo 73 anni non é molto il tempo che passeremo insieme, considerando il fatto che  molto probabilmente - non ci incontreremo più!
La storia sta così: quando ero piccolo, circa di 1 anno, la mia mamma usciva con una sua amice che anche lei aveva il figlio piccolo, Loris. Era nato alcuni mesi prima di me.
Quando io nel carrettino aspettavo che scendesse in strada, mi agitavo finchè non eravamo accanto uno dell'altro. Altrettanto lui se scendeva di casa prima di me. Poi quando eravamo insieme tornava la calme. Non é che la nostra conversazione fosse fluida e scorrevole come parrebbe: io avevo appena 1 anno, Loris, così si chiama il mio amico, alcuni mesi di più. Ma vicini eravamo tranquilii proprio come a conversare. 
Finché un giorno di Marzo del 2013 passai dall'Anagrafe di Firenze e chiesi di potere avere il suo recapito, in Canada.  Era emigrato moltissimi anni prima, credo intorno la fine della guerra con papà e mamma, la Pia tanto amata da sua madre.
Sapevo che era emigrato e conoscevo il nome e cognome della sua mamma e dei suoi nonni materni.
La risposta positiva alla mia richiesta non si fece attendere molto. Gli scrissi per ricevere alcune settimane dopo una telefonata. Nella lettera gli avevo allegato una foto che mi ritraeva con le sue nonna e zia, dunque inconfondibile e inequivocabile.
La prima cosa che disse al telefono dopo essersi presentato fu questa: 'Che bello sentire una voce toscana e fiorentina, era tanto tempo che non mi capitava!'.
In seguito ci siamo sentiti e scritti via e-mail molte volte. Una di queste mi ha comunicato la sua venuta il Italia con un programma già definito. Oltre Firenze visiterà San Giovanni Rotondo per raccogliersi sulla tomba di S. Pio da Pietralcina.
Suo padre era un parrucchiere di gran classe e in Canada continuò la sua professione. Loris ne ha seguito le orme, tanto da diventare - così dice la copertina di questa Rivista -'Tthe Kingh of Barber shop'! Nientepopodimeno.

Francoeffe

Gli Avelli


A Firenze era in uso, fino a non molto tempo indietro, un modo di dire molto particolare : per indicare un gran puzzo si dice(va):“…. senti che avello..”.
Credo che solo i fiorentini comprendano il riferimento all’Avello. Per gli altri, ma anche per i fiorentini delle ultime generazioni, conviene chiarire a cosa si riferisce il detto.  Il modo di dire decresce nella parlata ed è sempre meno in uso.
Chissà quante volte siete passati da via degli Avelli : è quella strada che congiunge piazza dell’Unità Italiana a piazza S. Maria Novella. Ebbene, per chi non lo sapesse, gli Avelli sono proprio quegli archetti, tutti decorati, gli uni accanto agli altri in questa strada, sulla facciata della Basilica- 3 per parte- e sul lato destro della sua facciata. “Avello” : arca sepolcrale, tomba”. Così il Devoto-Oli, ed. Selezione dal R.D., 1974.  
Gli Avelli di cui si dice, belli e artistici, sono  sormontati da un archetto e sui sarcofagi fanno bella mostra di se le  insegne di alcune fra le più importanti famiglie fiorentine, patrizie e nobili. Si  riconoscono le insegne dei Pitti, Medici, Alberti, Cerchi, Ricasoli, dell’Antella, Mazzei e di molte altre.
Ma, il modo di dire da cui sono partito? Eccolo qua!
Siccome non tutti i sepolcri erano sigillati al meglio, da questi fuoriuscivano i più maleodoranti fetori. Al tempo la strada non era cosi (abbastanza ) larga: le case erano addossate, quasi a contatto con gli avelli. Poiché il puzzo proveniva da questi, ecco che per indicare un cattivo odore si dice(va) : senti che avello!!”, con buona pace di chi vi ‘risiedeva’. 

Francoeffe

martedì 29 luglio 2014

Tiziano Terzani: ho avuto il privilegio di conoscerlo.

Io l'ho conosciuto così'. (foto di Vincenzo Cattinelli, da: La fine é il mio inizio, Longanesi, Milano 2006)
Credo fosse il 1997 ed un mio amico, Simone Fagioli un Antropologo pistoiese con la passione per le Ricerche impossibili, mi parlò di un suo progetto. In quel momento aveva avuto in affido per studiarlo, un Archivio privato, quello di un carbonaio dell' Orsigna che industriandosi, aveva realizzato una qualche fortuna trasportando il carbone, suo e di altri carbonai, utilizzando il treno e commercializzandolo a Pistoia e Firenze..
Il Fagioli lavorava in uno Studio che realizzava grafica: era un 'graphic designer' e devo dire con qualche vena molto originale nelle scelte stilistiche, ognuna di esse adatta alla committenza..
In estate viveva praticamente a Pontepetri, un fresco paese lungostrada oltre il bivio per S. Marcello e l'Abetone, sulla SS. 632 che da Pistoia porta a Porretta. Simone frequentava la Cooperativa che si interessava e operava per il rilancio della coltivazione e commercializzazione delle castagne della montagna pistoiese. La Cooperativa si era interessata anche del recupero funzionale ed estetico di ben 3 mulini e alcuni metati nei dintorni di Orsigna, utilizzando intelligentemente fondi europei destinati alla salvaguardia della montagna. Uno di questi mulini, bellissimo,  perfettamente funzionante come fu dimostrato in altra occasione che non questa di cui dico.
Il progetto del Fagioli, in collaborazione con la Cooperativa era quello di organizzare un Convegno, forse il primo in assoluto, sui carbonai, evidenziandone operosità, sacrifici e cultura. L' Orsigna era il  luogo ideale per questa iniziativa. I dintorni del paese, fitti di carbonai fin dai tempi antichi, non mostravano nessun disboscamento che non fosse regolarizzato; nessuna 'piaggia' nei boschi a perdita d'occhio. Dunque in definitiva quegli operatori si occupavano anche della manutenzione dei monti boscosi.
Il progetto mi piacque tanto che presi parte all'intera giornata dei lavori. Successivamente fornii anche la foto per la copertina degli Atti del Convegno
Dopo il pranzo, ospiti di alcuni sponsors, eravamo tutti  invitati per un caffé a casa di Tiziano Terzani che non conoscevo. Per arrivarci si seguiva una strada fuori dal paese che si inerpicava sulla montagna. Poco spazio per parcheggiare le auto ma che vista da lass!!. Il meglio che più  non si può. Dalla sua casa.si vedeva d'infilata tutta la vale dell'Orsigna fino a non so dove. Entrando avevo notato alcune piante a terra di Ortensia, un fiore che mi piace in manera particolare. Quelle poi! Mazze nuove  non più piccole del mio pollice, fresche e ben fiorite di quel rosa intenso che a me piace.
Tutta la sua casa era aperta, studio, biblioteca, sale e camere da letto. La sua era in una dependance con cuscini e tappeti, tende e libri in ogni angolo. 'Venite, entrate come a casa vostra', era come al solito seduto a gambe incrociate. Si era ritirato un momento per raggiungerci subito dopo. ,nelle sale per il caffè a cui seguirono digestivi e altri distillati. Nella mattinata aveva già fatto, da par suo, il suo intervento al Convegno, dunque do uscimmo per la ripresa dei lavori era sul cancelletto fatto con pali di castagno a salutare tutti gli ospiti. Quando fu il mio turno salutandolo  gli dissi: 'Maestro, la prossima volta che verrò all'Orsigna passerò a chiederle alcune mazze delle sue Ortensie'. 'Quando tornerai all'Orsigna vieni pure a prenderle, la mia casa non é mai chiusa'. Poi ho saputo che era verissimo; non chiudeva mai la sua casa e non ha mai rammaricato la sparizione di alcunché.
Poi nel tempo l'ho incontrato di nuovo, ancora all'Orsigna: un posto magico e ospitale illuminato da questa originale e forte presenza. Il nuovo ncontro lo racconterò la prossima volta.

La foto della copertina degli Atti
Francoeffe

mercoledì 23 luglio 2014

Assisi


Una Sala Congressi vista da una
cabina per traduttori
Era stato un successo aver conquistato la fiducia di così importanti medici. Naturalmente la maggior responsabilità, favorendomi nella presentazione, se l’era presa il mio amico : lui mi conosceva, avevamo fatto molte cose insieme, dalle Feste de l’Unità alle gare podistiche, al coordinamento di una Commissione Consiliare di Bagno a Ripoli. Il lavoro che mi aveva affidato a Pozzolatico, un po’ per levarselo di torno, un po’ per offrirmi  l‘opportunità di una nuova esperienza, capace di attrarre i figli per continuarla dopo l’ avvio, era delicato come tutti i lavori, ma giocavamo in ambiente protetto e comunque si trattava di un solo giorno di Convegno. Proprio da quello scaturì la commessa per  quello da farsi ad Assisi.
Questo si prospettava come un lavoro impegnativo e duro.
Si trattava di un Convegno di livello Internazionale, con 2 Presidenti – uno dagli USA e uno dall’URSS- e con Ospiti da varie Nazioni. Nel Pool organizzativo che si andava formando era prevista anche la presenza del “Centro Internazionale per la Pace” di Assisi , sotto i cui auspici il Congresso si sarebbe svolto.
Si trattava proprio del Centro di quei tre francescani di Assisi che viaggiavano fra gli Stati del Mondo incontrando i loro Capi di Sato  e di Governo, a perorare la Pace.
Misero a disposizione dell’organizzazione il Logo del Comitato : scusate se è poco.
Offrirono anche la Sede : la Sala Gotica nel Sacro Convento di Assisi. Si impegnarono molto anche per rimuovere gli ostacoli e  convincere il Cremlino a favorire  la presenza del co-Presidente russo, un cardiologo di Mosca (l’altro veniva da Boston). Molti dei congressisti ne conoscevano il lavoro ma quasi nessuno lo aveva incontrato : all’epoca era difficile uscire dall’URSS. Alla fine lo sforzo dei frati fu premiato a vantaggio del Congresso, ma  sopportarono in quei giorni  una neanche discreta presenza di Servizi Segreti di vari Paesi.  
La Segreteria fu posta in una sala del Convento, grande e luminosa. Il personale necessario per la Reception e la Sala fu attinto dai contatti dell’Agenzia. Tutti si dimostrarono all’altezza e oltre.
Per l’occasione fu messo in piedi un meccanismo innovativo per le comunicazioni fra la Segreteria e il tavolo della Presidenza : due computer in linea evitarono il via vai in Sala delle Hostess che potevano distrarre l’attenzione dei Congressisti. Fra le chicche che furono messe in essere la migliore fu sicuramente il Concerto in Basilica Superiore con  “I Cantori di Assisi”, che dopo aver cantato fin’anche alcuni Spirituals, accompagnati dal ritmo delle mani dei presenti, terminarono il programma con il celebre Alleluja da ‘Il Messia’ di G.F. Haendel : un trionfo
Ai congressisti era stata offerta la Cena di Gala nel più importante, raffinato  e caratteristico Ristorante di Assisi. La qualità del menù scelto e del servizio si dimostrarono all’altezza e importanza della serata e degli Ospiti, che terminò con il Concerto in Basilica.
Il successo del Congresso, determinato anche dalle perfette traduzioni in simultanea, si concretizzò nella commessa di un nuovo lavoro, anch’esso internazionale, sul tema della ‘Cronobiologia’ che si sarebbe svolto a Firenze l’anno successivo.
L’ incontro più importante ad Assisi, condiviso con tutta la Segreteria, fu quello con il Custode del Sacro Convento : Padre Vincenzo Coli. Lo incontrammo molte volte. Veniva a trovarci in Segreteria e chiacchieravamo del più e del meno. Lui  vi incontrava  un ateo, un agnostico, uno di religione greco-ortodossa oltre alle tre ragazze assisane che suppongo cattoliche, forse  praticanti. Nessuno si sentì pressato da quella presenza.
Per anni lo abbiamo ricordato come una figura intelligente e discreta, gentile e premurosa.
Nel tempo l’ho incontrato molte volte a Firenze, dove veniva a cambiare aria  in occasione delle Feste natalizie. Le  trascorreva  aiutando i conventuali della Basilica fiorentina di S. Croce nelle confessioni e funzioni.
Dopo il periodo trascorso a Firenze dove l'ho ancora incontrato adesso  é a San Miniato Basso dove andrò a trovarlo a breve..

Francoeffe

UN SOGNO


Accadde poco dopo il rientro dall’Ospedale dove ero stato sottoposto ad un piccolo intervento chirurgico, leggero ma fastidioso.
Poco tempo dopo quell’anestesia totale cominciai a sognare spesso e di tutto : vicende non completamente immaginarie dove i miei cugini, ai quali sono molto legato, erano spesso fra gli attori principali, come in quella festa della rificolona in via Datini, a cui partecipai con  Neri e altri 3 suoi amichetti e in altre storie curiose e complicate.  
Quando mi resi conto che i sogni continuavano cominciai a scriverli in un grande quaderno, giusto per non dimenticarli tanto erano a volte, strampalati e a volte impossibili : i sogni si sa, sono unici.
Questo che mi appresto a scrivere è certamente fra i più curiosi.
“Ero ad una battuta di caccia con un vecchio amico con il quale avevo avuto, un po’ di tempo indietro, un forte dissidio, uno di quelli che dopo giureresti che non avresti mai più riallacciato gli antichi rapporti. In tante occasioni avevamo collaborato a molte attività sociali : praticamente eravamo fra le colonne portanti di certi momenti organizzativi. Un bel giorno però qualcosa si ruppe e…
Dunque il sogno!
Eravamo a quella battuta di caccia : era caccia grossa. In quel momento attraversavamo un bosco dove c’era stato un grosso incendio. Ci eravamo distanziati dal resto del gruppo e nella zona in cui ci trovavamo fumavano ancora i tronchi delle piante che sporgevano dal terreno di un buon metro. Il terreno era completamente coperto di cenere : ci muovevamo su un tappeto grigio e spesso.
Ad un tratto, davanti a noi, apparve un leone che si avvicinava alla nostra volta. Fortunatamente a circa 20 metri c’era una capanna alta sul suolo sorretta da palafitte, con una scaletta che con una breve rampa portava alla porta d’ingresso. La capanna pareva solida e comunque era l’unico rifugio possibile in quello che prima era stato un folto bosco.  Ci mettemmo a correre nella sua direzione. La posizione più favorevole del mio amico rispetto alla capanna, gli permise di imboccare la scaletta d’accesso per primo. Il tempo di entrare e di chiudersi la porta fu tutt’uno : mi chiuse fuori! Il leone, che aveva visto la nostra mossa, si volse verso la capanna ed era già alla base della scaletta quando la porta si riaprì a seguito dei  miei strepiti e imprecazioni.
Non appena dentro caddi sul pavimento stremato dallo shock e dalla paura, giusto dietro la porta che il leone intanto stava tentando di aprire, raspandone violentemente la base, facendo un suono simile a “ pfruum, pfruum”. Mentre  tentavo di mantenere la porta chiusa mi accorgevo con terrore che la base cedeva sotto i colpi e il raspìo : il leone ce la metteva tutta per entrare.
Non restava che svegliarmi. Da sempre ho fatto così : quando i sogni prendevano un piega che non mi piaceva oppure di pericolo, decidevo di svegliarmi. Il bello è che, a volte, mi riaddormentavo riprendendo il sogno dove l’avevo lasciato. Va da se che se c’era ancora la stessa difficoltà mi svegliavo di nuovo e così via, finchè  non mi fossi trovato in una fase soddisfacente del sogno.
Anche quella volta decisi di svegliarmi : il suono del raspio e l’imminente pericolo lo richiedevano! Solo che quel… rumore continuava anche adesso che ero sveglio.
Per forza : era il suono del ronfìo di Grazia che mi dormiva a fianco!”

Francoeffe

mercoledì 28 maggio 2014

I MENU' DELL'OLIVETA: per la 1a Squadra della S.S. VAGLIA 1970

Nella società vagliese la Società Sportiva che si occupa di Calcio, 'VAGLIA 1970', occupa il giusto posto che gli compete. Oltre alla squadra che partecipa al Campionato di 2a Categoria, organizza e fa scuola ad una 20ina fra bambini e ragazzi della zona, distribuiti in 2 squadre che partecipano a regolari Tornei di Campionato e ad altre manifestazioni calcistiche.
Non importa sottolineare l' importanza dello Sport , specialmente quello di Squadra. 
In una società organizzata al meglio, che ottimizzi gli sforzi delle sue componenti e ne raccolga competenze e sollecitazioni, le attività sportive dovrebbero integrarsi con quelle scolastiche, senza soluzione di continuità, in un disegno educativo complessivo e globale. Di tanto in tanto la Società organizza per i più grandi pranzi e cene; per i bambini altrettante 'pizzate'. Questo il menù del pranzo ai calciatori più 'grandi' del 28 aprile 2013.

APERITIVO
Frittura di acquadelle, gamberetti, porcini, fiori di zucca,
zucchine, rondelle di cipolle di Tropea e melanzane
Crostini di persico ed erbette di Provenza
Alici con cipollina fresca e scorzine di limone
Insalata di mare
Sorseggiando Prosecco di Valdobbiadene
Spritz e succhi di frutta

GRANDE CACCIUCCATA ALLA VIAREGGINA

Strambotto alla veneta

DESSERT
Crostata alla crema pasticcera con frutti di bosco

AL BAR
Caffè espresso
Distillati
Limoncello

DALLA CANTINA
Tocai DOCG 2012
Moscato d'Asti 2012

Francoeffe




I MENU' DELL'OLIVETA: alcuni di S. Silvestro

INCOMINCI
Baccalà in carpaccio
Moscardini in guazzetto
Mazzancolle in vellutata di cipolle di Cannara
Acciughe di lampara con cipolle di Tropea
e scorzette di limone
Spigola in carpaccio d'agrumi e pepe rosa in grani
Cous-cous ai frutti di mare
Filetto di tonno in tartare

PRIMI
Chicche ai filetti di gallinella, scorfano e persico
con pomodorini di Pachino
Maltagliati alle seppie col suo nero

SECONDO
Rcciola al forno con fantasia di verdure

                                                              DESSERT
                                                        Bavarese al limone
                                                           Gelato al caffé
                                                  Gelato alla crema chantilly

                                                               AL BAR
                                                             Caffé moka
                                                                Distillati

                                                      DALLA CANTINA
                                               Champagne Jean Aubry et fils 
                                                        de Jouy-les-Reims

Francoeffe

I MENU' DELL'OLIVETA: S. Silvestro


APERITIVO SULLA BOTTE
Cocktail champagne alle fragole
Ostriche 'fines de claire'
Crostini al filetto di S. Pietro
Pappa al pomodoro di mare 
Spiedini au poisson con verdurine fritte
Gamberoni 'graten' involtati nel lardo di Colonnata

ANTIPASTO
Tonno in tartare
Stoccafisso in carpaccio

PRIMO 
Spaghetti alla 'chitarra' all' imperiale di crostacei

SECONDO 
                                               Gallinella di Porto S. Stefano al forno
                                              Con (in)torno
                                              Sformatini di zucchine e punte d'asparagi
                                               Patate al forno

                                                 DESSERT
                                                 Crespelline di crema pasticcera al profumo di vaniglia
                                                con juice d'arance tarocco e scorze caramellate

                                                 AL BAR
                                                   Caffé espresso e distillati

                                                    DALLA CANTINA
                                                    Champagne millesimato

                                                    A SEGUIRE
                                                    i fochi

Francoeffe




I MENU' DELL' OLIVETA - Alcuni menu' realizzati in occasione di compleanni e cenoni di S. Silvestro

Intanto é necessario premettere che l' Oliveta é un luogo da sogno. Verde, silenzio e pace, per i sensi, per gli occhi, per tutto. La ci si riposa e distende veramente. E il fresco nei mesi estivi!! E la vista sul Santuario di Montesenario che al tramonto 'ruba' l'ultimo raggio di sole, a dimostrazione che i frati sapevano scegliere bene i luoghi dei loro romitori.
Alla stagione giusta si possono riempire panieri di 'prugnoli, saporitissimo funghi da cui un condimento indimenticabile per gli spaghetti.Intorno la casa ci sono ben 3 piante di fico, giusto per fare le 'picce' da spelluzzicare per merenda.
Le compagnie che frequentano l'Oliveta si formano nei fine settimana: molte sono le coppie che hanno figli, in genere 1, ma qualcuno ha ... esagerato ed é arrivato ad averne 2! Incredibile!!
Quindi nei fine settimana si contano gruppi di 20, 25, 30 anche 40 persone e tutte da mettere a tavola a una cert'ora! Immancabile l'aperitivo: se d'inverno, sulla 'botte'. In realtà sembra più un tino, ma é chiamato la botte. Sistemata nella vecchia stalla, della quale conserva ancora la mangiatoia.e lo scolatoio. Adesso invece del fieno e del segato e di altro per far mangiare le bestie, ci sono bottiglie, alcune avviate, la maggior parte però a memoria delle abbondanti libagioni. Ha ecco: un'altra cosa che non manca mai é il Prosecco, che arriva direttamente dalla Marca trevigiana. Viene acquistato da un piccolo produttore che manda una 80ina di casse alla volta, 2 volte l'anno, che gli amici si dividono a seconda delle loro necessità e ... sete.
Gli spazi per preparare la/le tavola sono diversi: dalla 'sala' che puo' ospitare tavoli per sistemare fino a 60 persone, comodamente accomodati e seduti anche su altiche panche. L'aia che, sulla piattaforma di cemento, se necessario anche di piu'. Il 'berceau' di vite americana, sotto il quale si possono accomodare anche 14 persone a tavola. Quando viene usata la sala, sotto l'ombra   fresca della vite si preparano gli aperitivi: 'spritz' e 'prosecchini' a volontà, che accompagnano salumi, crostini alla toscana, schegge di formaggio, e i classici 'frittini': zucchine, cipolle e carciofi tagliati a 'filanje', prima pre-fritti e poi, a cottura terminata, serviti caldissimi, estate e inverno. Sennò l'aperitivo non viene buono.
La vecchia 'capanna', per intenderci quella dove si riponeva il fieno, adesso serve per la legna e le circa 10 biciclette dei bambini.i. Questa capanna ha uno spazio sottostante: una stanzetta bassa  con il pavimento di circa 1 metro di cocci di bottiglie: da anni vengono 'riposte' vuote la sotto!!
I bambini, liberi di scavallare, di sbucciarsi i ginocchi, di giocare da soli o in gruppi in piena libertà. In genere le femmine fanno gruppo da se, ma non disdegnano di giocare con i maschietti.
C'è una cosa sola vietata all'Oliveta: i compiti, quelli NON si fanno!
Mentre i bambini giocano, le mamme ciaccolano - se d'inverno intorno alla bellissima stufa di ghisa a legna; se d'estate al sole per la tintarella prima dei bikini in spiaggia -, la cucina lavora alla preparazione di pranzi e cene. Talvolta si mettono sulla griglia 5 o 6 bistecche: a volte polli e altre carni di piccole bestie; spesso si mette in funzione il girarrosto e si preparano i 3 spiedi di 80 cm. ciascuno. Non mancano mai i contorni, spesso nel forno a legna del pane: il classico mix di verdure in teglia.
Ultimamente un maialino lungo circa 1 metro, ha 'girato' sul fuoco tutta la mattina. Aveva suscitato tutta una serie di 'poerino', 'piccino', 'carino' ed altre amenità. Poi tutto é finito nelle pance di tutti!!
Una colonica

Devo dire del  'cacciucco'? Oppure della 'paella' alla catalana? Bene!
Quando si tratta di cacciucco si muovono tutti: 36 o 40 persone; per la paella? uguale : una paellera di 80 cm di diametro soddisfa molti appetiti.
Per cambiare qualche volta si prepara l'abbuffata di fritto: conigli, polli, fettine accompagnate da verdure e via!
Del prosecco che non manca mai ho detto, ma talvolta é necessario incrementare la cantina con ottimo rosso toscano: Chianti di Castellina o Morellino di Scansano. Nelle occasioni importanti anche Champagne, di quello buono, con perlage finissimo.
Lo chef? Ma é il Neri, chi altro? Altri preparano altro: Gianni é il rosticcere, per esempio. Le ragazze che non 'ciaccolano' sbucciano le patate e lavano l'insalata. Dopo lavano i piatti. Un po' per uno in collo a mamma, diceva il 'Bibi' .  Seguite i menù che saranno presentati da adesso in avanti.
Alla salute!!

Francoeffe




Seguiranno alcuni menù esemplicativi.


VORREI

Vorrei, vorrei...
Per prima cosa vorrei poter evadere alcuni milioni di Euro, subire processi, appelli ecc...., anche essere condannato e, vorrei, vorei, ecco: poter scegliere la pena fra cogliere margherite nei prati delle Cascine, giocare a canasta nel mio palazzo in centro città, oppure andare a raccontar barzellette per 4 ore la settimana a qualcuno, anche a degli anziani. Meglio se con l' halzaimer!
Naturalmente per soli circa 6-8 mesi e sempre che non prenda raffreddori, non mi vengano i lupini, non abbia indigestione o mal d denti. Ma con le verdure che farei scegliere a 80 € al kg. sono sicuro che questo malanno non lo prenderei.
Poi vorrei, vorrei, ...
Poter essere indagato e addirittura autorizzato ad essere arrestato, ma vorrei mettermi qualcosa ad una gamba, tipo stivaletto di gesso e farmi trasportare in ambulanza. Dove? Forse in una cameretta di qualche Clinica in cui passare l'agosto, con il conforto dell'aria condizionata, dove le diagnosi e prescrizioni di medici compiacenti suggeriscono cosa e come fare. Si, anche una prognosi di 45 gg. vorrei, per potermi beffare del mondo che aspetta di sapere se ho 'grattato' negli affari di stato. Vorrei anche potermi eleggere Duca di un qualche paesino e stampare carta moneta e farmi credere tale. In caso potrei sempre dirmi vittima di una congiura, magari viaggiando in Land R. avuta dai fondi di funzionamento di un qualche Gruppo Consiliare.
Vorrei, vorrei, ha, ecco, anche una serie di mutande a boxer naturalmente a colori, pagate dai gonzi che mi affidano fondi pubblici. Non mi vorrei far mancare mai stuoli di topone del tipo raro, ma concreto,  'ombrettina' (si chiamavano così?) ma soltanto con altissimi tacchi a spillo e borse alla Daniela, da 3000 € in su! E dopo? Cos'altro vorrei?
No mi basta così. Sarei ampiamente soddisfatto anche se per gli avvocati avessi speso 1 milione di €.
Ma se poi mi venissero i magoni, se poi mi pentissi? E se preso dal rimorso mi sparassi in bocca?
Allora no. Meglio non rischiare. Se i modelli si spareranno avranno forse fatto il suo. Io no. Mica sono ingordo, io!
Ecco cosa vorrei. Una cosa da nulla vorrei.


Francoeffe

sabato 15 febbraio 2014

IL M° GIULIANO GHELLI: CI MANCHERA' !

Un Blog é di per se gioia e, spesso, colore. Ricordi e meraviglie. Voglia di comunicare e segni di amicizia.
Sempre, dunque, mezzo di comunicazione e di circolazione di idee, sensazioni, sentimenti, esperienze, ....
Ma  anche,  come  in questo caso, per comunicare  notizie  tristi, talvolta  ferali : é  venuto  a  mancare  il M° Giuliano Ghelli.
Ci mancheranno le sue colorite invenzioni; le sue trovate e riletture in chiave fantastica e luminosa dei lavori del grande Leonardo a cui si è ispirato in molte occasioni.
Ho avuto la fortuna di organizzare 2 sue Mostre, in tempi diversi: una personale e una insieme ad un altro amico, suo e mio: il M° Franco Bulletti. Questa non molto tempo fa.
Nella settimana precedente a questa lo avevo interpellato per sollecitarlo ad una Mostra in un notissimo Caffè fiorentino, ' ... riparliamone più avanti, adesso ho dei progetti in corso...', non chiudendo la porta a quella iniziativa.
Oggi siamo tutti un po' più tristi : quando viene a mancare un Artista, il mondo un po' si spegne. 
A chi lo ha conosciuto resterà per sempre il suo ricordo 
Giuliano ci mancherà. Eccome se ci mancherà! Ci rimarranno le sue Opere a ricordarcelo. 

Come arrivare nel Parco delle Meraviglie
Lo ricordo con questa immagine.

 a cura di Francoeffe

lunedì 27 gennaio 2014

27 GENNAIO, GIORNO DELLA MEMORIA DELLA SHOAH


MAI PIU' !

Recinzioni e torrette del campo di concentramento di Biala Podlaska, Polonia
a cura di Francoeffe

martedì 21 gennaio 2014

BAMBOLINI FOREVER. Un contributo di Michele Turchi

L' amico Michele Turchi, Antropologo esperto e validissimo Ricercatore che si è speso molto per conoscere e far comprendere le Storie di Osteria Nuova, il nostro comune paese, attraverso una serie di pubblicazioni uscite nel corso degli ultimi 20 anni: 'Storie di un paese'
Si tratta di 3 libri editi dalla Società Sportiva Audace Resistente di Osteria Nuova, il comune Circolo Ricreativo che ci ha visti per lungo tempo attivi e impegnati in vari campi.
Il primo dei volumi uscì nel 1993, il 4° uscirà a breve.
Michele Turchi vanta una serie invidiabile di pubblicazioni e collaborazioni a Riviste, per cui rimando alla sua vasta bibliografia. Attualmente, ma ormai da tempo, abita a Compiobbi dove ha trovato un 'partner' di tutto rispetto e levatura: Berlinghiero Buonarroti, con cui ha pubblicato un lavoro 'Segni del Sacro Segni del Profano', Compihobby - Archivio del tempo che passa, 2009.
Il suo contributo odierno omaggia, da par suo, la mia Ricerca Genealogica del 2012.' I Bambolini nella Pievania dell'Antella' 500 anni di storia della mia famiglia nel ramo di Petriolo.
Questo il suo prezioso contributo.

IL BAMBOLINO

Franco Fantechi, che per molti anni ha abitato a Osteria Nuova, si è impegnato nell’arco degli ultimi tre anni in una complessa indagine sulla propria genealogia che l’ha portato molto indietro nel tempo, fino agli inizi del XVI secolo. Non è cosa di tutti i giorni scoprire radici così lontane in una famiglia di semplici mezzadri, residenti nel territorio di Bagno a Ripoli almeno da cinque secoli. In questo lungo arco di tempo si sono generate molte ramificazioni, alcune delle quali accomunate da un curioso appellativo che la famiglia si tramanda da secoli di generazione in generazione, attribuendolo al più anziano in vita di ogni linea familiare: “il Bambolino”. Il ramo dal quale proviene Franco ha lavorato per sette generazioni il podere Petriolo, di proprietà Moretti, al culmine della salita che dalla pieve di Antella sale verso villa Monna Giovannella, popolarmente nota come “L’erta del Bambolino”.
L’appellativo è una specie di soprannome familiare, un caso non frequente, se pur non isolato. Per rimanere nella zona di Osteria Nuova sono documentate due famiglie Pacini, vicine di podere ma non imparentate, che venivano dette per distinzione “Pacin della Casina” (dal nome del podere La Casina o Antellino) e “Pacin di Brònne”, dal nome corrotto in vernacolo dell’allora proprietario, Robert Browning. Anche la famiglia Fantappiè, una delle più radicate nel paese di Osteria Nuova (dov’è documentata almeno dal 1682) è meglio nota con l’attributo “del Misciano”.
Il primo cognome Fantechi individuato risale al 1510, e risulta dal libro dei battesimi del popolo di San Lorenzo a Vicchio di Rimaggio. La prima citazione del “patronimico” Bambolino si trova invece nei registri della pieve di Ripoli in data 22 dicembre 1584, quando venne battezzato Tommaso di Francesco di Lazzaro «dal Bambolino».
Il nipote di questo Francesco, Pierantonio di Jacopo, dalla Pieve a Ripoli si trasferì nel popolo della pieve di Santa Maria all’Antella, dando origine ai due rami detti “del Ginori” e “di Petriolo”, al quale appartiene Franco, i cui nonni dal 1930 hanno abitato a Osteria Nuova portandosi dietro l’appellativo.

 Michele Turchi

Pubblicato sulla pag. Facebook di “Storie di un Paese” il 18 gennaio 2014.


Stemma dei Fantechi 'bambolini' del ramo di Petriolo realizzato da Michele Turchi


a cura di Francoeffe


martedì 7 gennaio 2014

CONIGLIO IN FRICASSEA


Un magnifico piatto di Fricassea

Questo é il primo contributo dell'amico Chef Roberto Senesi, in procinto di lanciare una sua Scuola di Cucina, di cui seguirò l'evoluzione. Fin d'ora buona fortuna, Roberto.
Ingrediento per 4 persone.
4 cosce  o lombi
2 limoni
2 tuorli
2 tapinambur di misura adeguata
1 carota
1 zucchina
2 scalogni
un bel mazzetto di prezzemolo
vino bianco, olio extra vergine, sale e pepe q.b.

Preparazione:
Spolpate il coniglio, riducetelo in pezzi adeguati, che raccoglierete in un tegame insieme allo scalogno tritato, mezzo bicchiere di vino, un filo d'olio, il succo di 1 dei limoni, sale e pepe.
Fate cuocere a tegame coperto a fuoco medio per circa 25'.
Dopo 10' unite la carota, precedentemente nettata, tagliata a dadini, la zucchina ed il tapinambur tagliati a fettine. Quindi fate restringere il sugo che si è formato.
Al termine della cottura, dopo avere grattugiata la buccia dell'altro limone, l'aggiungerete con il suo succo, i tuorli ed il prezzemolo, abbondante, tritato finemente, mescolate il tutto e spegnete..
Portate la fricassea ben calda in tavola, con la sua salsa di cottura, avendo cura di scaldare leggermente il vassoio da portata. Guarnite con alcune fettine di limone.


 a cura di Francoeffe