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martedì 12 marzo 2013

Esperienze venatorie


Anche se non 'quel 'Sassello, è bello lo stesso
Sarebbe stato il sogno dello  zio Mario che non aveva figli, se a uno di noi due, a me o a Marco, fosse cresciuta la passione per la caccia. Macchè! Il sogno restò … sogno.
C’erano a disposizione 3 fucili : un calibro 12, uno di calibro 20 e il gioiellino da capanno : a una canna calibro 24! Il più bello era sicuramente il 20 : a 2 canne con splendide incisioni sul calcio e la parte finale delle canne. Naturalmente oltre a tutta l’attrezzatura che serve : bilancine e misurini per polvere da sparo e piombini; borse e borsette per richiami e cartucce, oltre che a bellissime cartucciere e uccelli da richiamo in gabbia. A Marco non gli passò mai per la testa. Io invece accettai l’invito ad andare una mattina al ‘capanno’. Mattinata più fredda non era data!
Era ancora buio quando siamo usciti da casa. Con le gabbie sulle spalle e sul sedile posteriore della bellissima BSA sportiva dello zio siamo partito nel  freddo pungente dopo un po’ di latte e pane.
Mi pare che siamo andati dalle parti di San Cristofano in Perticaia, dove c’era il suo capanno.
Disposte le gabbie nei punti che parevano i migliori e chiusi nel capanno, si rimase  in assoluto silenzio per non spaventare gli uccelli che, si sperava si sarebbero posati sui rami delle piante, cedendo al richiamo degli ingabbiati che facevano da esca. Lo zio con l’occhio esperto, ma anche acuto, mi porgeva il fucile indicandomi dove e come a quei pochi che si posavano. Ma io non li vedevo neppure gli uccelli. Cosa e come potevo fare!!
Quella era una mattina sfortunata : sarà mica stata la mia presenza? Ero è vero un po’ dubbioso circa la possibilità di far ‘carniere’ con quelle gabbie cinguettanti, ma era pur vero che di arrosti in casa se ne facevano. Non tanti, ma si facevano e a me piacevano in modo particolare gli uccellini, quelli da prendere per le zampe e, dopo aver tolto il capino, un boccone e via!! Carne e ossicini, Tutto insieme! C’era , è vero, un certo gusto amarognolo : era il fiele che non si poteva togliere. Ma tutto non si può avere….
Quella della mattina al capanno è stata un’esperienza unica. Non si è mai più ripetuta.
L’altra esperienza me la porse un altro Mario : un amico d’infanzia. Andava a caccia col padre fin da piccolo e aveva oltre che la passione, una grande conoscenza della materia. Partimmo da casa  sua a piedi : per arrivare al suo capanno bastavano 5 minuti. Era li, proprio sotto  casa sua, vicino ma al sicuro.
Anche quella mattina non se ne videro molti. Per  la verità sarebbe stato meglio dire che se ne videro pochi. Anche questo Mario mi invitava a sparare, ma io ero un po’ reticente. “Guarda, guarda, su quel ramo, è grosso. Dai spara tu”.
Imbracciai il fucile, anche quello il classico ‘24’ da capanno. Presi la mira ma, stranamente, l’uccello pareva non stare fermo, Andavo leggermente in qua e la e la cosa colpì Mario che fortunatamente mi osservava. “Ma cosa fai? Non lo hai mirato?’ “Si, ma si muove in qua e in la!”.  Mario mi tolse il fucile e guardò fuori : “C…., ma quello è un uccello in gabbia che saltella. Se lo sparavi bisognava emigrare : è ‘il sassello’ di mio padre!!”.
Cosi’, con questi 2 approcci, si è conclusa la mia carriera venatoria.
Come il mio babbo : quando ci provò mise nel carniere 3 rondini!!

Francoeffe

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